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5 Ottobre 2024
Foggia Calcio

100 anni di calcio federale, dallo Sporting Club al Foggia Calcio. E l’avversario è sempre il Taranto

100 anni di calcio federale, dallo Sporting Club al Foggia Calcio. E l’avversario è sempre il Taranto

Domenico Carella, storico del Foggia e direttore di Foggiasport24.com ripercorre la storia della prima partita ufficiale dei rossoneri

Cento anni fa si chiamavano Sporting Club Foggia e Garibaldino Taranto, oggi i loro nomi sono Taranto FC – Calcio Foggia 1920 e sono entrambe pronte a rinverdire i fasti del passato. Non solo, perché l’occasione è da celebrare con le dovute attenzioni. I rossoneri festeggiano oggi una ricorrenza importante: iniziano un campionato federale cento anni dopo il primo (non sarà il centesimo campionato per via delle interruzioni a causa della Guerra) e lo farà con lo stesso avversario che sfidarono i pionieri. Proviamo a ripercorrere la storia grazie anche alle ricostruzioni storiche di Domenico Carella,

Era il 9 settembre 1923 quando il Foggia fece rotolare il pallone per la prima volta in seno alla Federazione. Si giocava la seconda giornata (nella prima i rossoneri avevano riposato) della 2a Divisione Lega Sud Pugliese, una sorta di mini playoff per la partecipazione alla 1a Divisione (la progenitrice della Serie A), all’epoca divisa in girone Sud e girone Nord.

La prima partita il Foggia la giocò proprio contro il Garibaldino Taranto, una delle formazioni che rappresentava la città ionica insieme all’Enotria. Si giocava sul campo “Pila e Croce”, dove oggi sorgono i Campi Diomedei e anni addietro l’ippodromo cittadino. Era un rettangolo d’erba delimitato da pali e corde che dividevano i calciatori dal pubblico. Le porte erano costituite da due pali e una fune a fare da traversa.

Gli spogliati? Incredibile a dirsi, erano duecento metri più in là, ben distanti dal campo, posti nei locali adiacenti il palazzetto dell’arte a lato della Villa Comunale. Locali che i primi fondatori del club presero di forza per dare una sede alla nascente squadra della città e posti a due passi da quel lampione a gas sotto il quale si riunivano per pianificare il futuro. Dare il nome al Foggia, scegliere i colori sociali, il presidente e i suoi calciatori.

Avere degli spogliatoi era un successo e ovviamente nessuno protestava, ma pensate a quanto fossero scomodi. I calciatori si spogliavano lì e raggiungevano il campo a piedi. Roba da pionieri. Con pioggia, neve, vento, caldo e sole, sempre. Ma quella era una squadra di pazzi, innamorati del pallone.

Era la fusione di due club, capitanati dai Fratelli Tiberini, milanesi trapiantati al sud, che portarono in dote i colori rossoneri e dal funambolo Peppino Comei, il primo calciatore-idolo della città. Per lavoro si era spostato a Firenze dove si era allenato con la squadra viola, affinando capacità tecniche e velocità di esecuzione. Era un funambolo in campo e fu il primo a meritarsi un coro: “Arivva Comeone, il direttissimo del pallone”.

Ma non era l’unico fenomeno, c’erano anche i “Sarti”,  componenti di una famiglia dedicata al pallone. Renato, il portiere, divenne ben presto anche lui un idolo. Gestiva il Bar della Stazione Ferroviaria di Foggia, dove intratteneva gli avventori con giocate da funambolo. I clienti gli tiravano delle arance e lui le parava con scatto felino. Sarti stregò anche il CT della nazionale Augusto Rangone e l’allenatore dell’Alessandria Carcano, che lo portò con i “grigi” in una tournée in Svizzera.

La prima formazione dei cento anni di attività federale del Foggia è un pezzo di storia. R. Sarti; A. Sarti, De Biase; Ferraretti, Romano, Occhionero; Comei, Giuliani, Casale, De Luca, D’Onofrio. Questi ragazzi giocarono contro il Garibaldino Taranto vincendo 1-0 con gol al 40′ di Casale. Oggi, cento anni dopo, non ci sarà più Peppino Comei a guidare l’arrembaggio dei rossoneri. Non ci sarà più Sarti a volare tra i pali. Il tempo cambia storie e protagonisti, ma non distrugge i ricordi, anzi, li esalta.

Proprio per questo toccherà a Carillo, Rizzo e Peralta, così come ai loro compagni, onorare una ricorrenza storica, ma non (o almeno non solo) nel risultato, soprattutto nello spirito. Quello stesso spirito che ha spinto un manipolo di appassionati a vedersi ogni notte all’ombra di un lampione, in barba alle fatiche del lavoro e allo stress delle famiglie, per poter creare tutti insieme un sogno. Un sogno che ancora oggi ha le strisce rossonere e satanelli e fiamme sul petto.

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