“Il tecnico del Foggia Delio Rossi, da oggi ex, annuncia il suo addio ai rossoneri nel corso di una conferenza stampa tenuta questo pomeriggio nella sala stampa dello stadio Zaccheria. Queste sono state le sue parole: “Penso che sia sotto gli occhi di tutto cosa ha fatto questa squadra. Sono venuto a quattro giornate dalla fine. Mi ha chiamato un certo sig. Sapio, che non sapevo neanche chi era. Ci siamo incontrati a Napoli. Ho chiesto solo vitto e alloggio e un gruppo da allenare. Ho parlato dieci minuti con il presidente nella sua azienda a Bari. Ho detto al presidente: “Io vengo, Foggia è la mia città, però non vengo per 4 partite, ma per 4 partite più un anno”, perché devo essere credibile nei confronti del gruppo. Se i giocatori sanno che rimani un mese è un conto, se rimani un anno e un mese loro sanno che il loro futuro dipende anche da me. L’idea era di valutare dopo il futuro. Sono venuto, la prima cosa che ho fatto è stata spegnere il telefono, non ho chiamato i parenti e ho chiesto agli amici di far finta di non conoscerci. Ho lavorato 24 ore al giorno da recluso, non ho fatto passeggiate in centro, non sono andato in un panificio o a pranzo. Mangiavo una volta al giorno e dormivo 3 ore a notte, perché sapevo il mio modo di fare calcio soprattutto in questa città. Abbiamo lavorato ed abbiamo cullato un sogno che non andata come non volevamo. Sono qui perché ringrazio il presidente di avermi dato la possibilità di farmi allenare il Foggia. E devo dire che il presidente ha fatto il possibile per accontentarmi. Devo ringraziare un gruppo di ragazzi incredibile dal punto di vista morale. Voi avete visto le partite ma non avete idea di cosa hanno passato questi ragazzi, tre direttori sportivi, cinque allenatori, nessun campo di allenamento, infiltrazioni, gente che giocava infortunata. Non avete idea di cosa hanno fatto questi ragazzi e qualcuno si è permesso anche di contestarli. Non ultimo quello che è successo, l’atto delinquenziale. Sono stato io che mi sono messo a loro disposizione e l’hanno capito e li ringrazierò sempre. Ringrazio lo staff e i magazzinieri che hanno permesso di cullare questo sogno. Perché non è arrivato fino alla fine? Ho la mia idea che esula dal contesto calcistico ma la tengo per me. L’anno prossimo non sarò più l’allenatore del Foggia, ma sarebbe stato così anche con la vittoria. Per fare l’allenatore bisogna essere razionale e qui non lo sono. Sono troppo legato visceralmente, sentimentalmente. Non posso vivere da recluso un altro anno, non vivrei bene. Io qualsiasi rimessa o passaggio sbagliato la sentivo sulla mia pelle. E non si può lavorare così, bisogna essere sereni. Io sono e sarò troppo tifoso del Foggia. Prima di oggi l’avevo comunicato solo alla squadra e alla società, neanche alla mia famiglia e l’avevo ponderata più di un mese fa. Il problema non è lo stress è che sono troppo coinvolto qua e non lavorerei serenamente. Farei un danno al Foggia se rimanessi. Sono io quello sbagliato forse. Dovete abituarvi che i presidenti, gli allenatori e i giocatori passano. La squadra rimane. Si chiude una porta e si apre un portone. Se mi volete bene cercate di capirmi. Io sarò sempre qui, non sarò solo l’allenatore del Foggia. Perché allora ho accettato? Pensavo di riuscire a rimanere più sereno. E’ facile dare giudizi dal di fuori ma devi viverla dall’interno. Un detto indiano dice che per capire una persona devi camminare due giorni nei suoi mocassini. Io adesso non sono sereno e non è giusto per il Foggia che io non lo sia. E’ l’unica motivazione. Questo discorso avrei voluto farlo con la Serie B. Foggia dopo trent’anni? Ho trovato il tifo passionale, quello che ci hanno fatto vivere non lo trovi nelle categorie superiori Poi ho visto anche qualcosa che va oltre il tifo. Io accetto il dissenso, accetto la contestazioni. La violenza non l’accetto, non fa parte del rispetto dell’uomo. Mi puoi contestare come professionista ma non minacciare fisicamente. E’ normale sparare alla macchina di un calciatore? Sono atti di violenza non è tifo degenerato. Non ho visto levate di scudi da parte di nessuno su quanto accaduto. Foggia-Lecco? Ho trent’anni di mestiere, mi è capitato spesso e volentieri di vedere situazioni poco chiare ma in due partite ne ho viste troppo e unilaterali sotto questo punto di vista. Ce ne possono essere tre da una parte e uno dall’altro, invece qui sono stati giudicati tutti in maniera univoca. Ma non voglio passare al vittimismo, però prendo atto che il var ha funzionato solo da una parte. Quindi qualcosa non mi quadra. Mi buttano fuori perché ho preso la palla in campo. Io ho fermato semplicemente la palla. I playoff? Ci ho creduto e devo dire che c’erano molte analogie con la vittoria dei playoff col Bologna (da quinto in Serie B, promosso in A). Lì i playoff sono stati visti come una sconfitta e l’ambiente era diverso, qui invece l’ambiente era alto. Quando mi avete chiesto cosa serve a vincere i playoff io vi ho risposto che sarebbe servita la tranquillità. Ho fatto di tutto per isolare la squadra. Non volevo far disperdere energie al di fuori del campo. Ho fatto di tutto per non far guardare e leggere niente che non fosse il campo. La partita più insidiosa era la prima, perché venivi da un lungo periodo di stop e lì avevo lavorato dal punto di vista tattico e fisico. Quando siamo arrivati quarti io ero rammaricato perché eravamo in una discreta condizione ma c’era il rischio di perdere il ritmo partita con 20 giorni di stop. PEr me era importante la prima partita per questo. Poi c’è stato il Cerignola. E’ una squadra fastidiosa e ben allenata che ha le caratteristiche per metterci in difficoltà, soprattutto sul suo campo. Non è la stessa cosa giocare sul campo in sintetico e in erba. Non è la stessa cosa il rimbalzo, le dimensioni, preparare la partita, non è la stessa cosa giocare dopo 3 giorni sul campo in erba. La partita è stata condizionata da errori nostri e dal campo. La partita della svolta è stata quella del ritorno. Ho lavorato meno dal punto di vista tattico e più sotto l’aspetto motivazionale. Quella è stata la partita che ha fatto capire che saremmo arrivati fino in fondo. Le altre partite sono state un gestire, tenere tutti sulla corda, avevo bisogno di una rosa pronta in modo omogeneo gestire infortunati e squalificati. Ogunseye prima di giocare a Lecco si è tolto il liquido dal ginocchio, altri giocavano stirati o strappati. Per questo sono andati oltre l’impensabile dal punto di vista morale. Ci hanno dato una mano perone che non hai mai utilizzato come Markic, Rutjens, Vacca… Nessuno si è tirato indietro. La gara con il Lecco? Dalla panchina non è facile vedere le cose, però onestamente, dal basso, il rigore non dato a Frigerio e la mancata espulsione onestamente… era lampante Il rigore magari lo sbagli, ma con l’espulsione giochi in vantaggio di un uomo e poi avrebbe saltato Lepore la gara di ritorno in cui ha fatto due gol. Ma non deve essere una scusante. Non voglio passare da vittima. Questo è l’episodio che mi ha fatto arrabbiare di più”.