Foggia Calcio 100 – La storia del centenario: “Le brocche di champagne” (di Domenico Carella)
La storia dei cento anni del Foggia Calcio attraverso i libri di Domenico Carella. Oggi tocca a Ettore Puricelli e alle sue famose (nello spogliatoio) brocche di champagne
[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]”T[/dropcap]estina d’oro” era un estimatore dello Champagne, bevanda che non doveva mai mancare sulla sua tavola. Il giorno di capodanno, durante un ritiro a Manfredonia, Puricelli inscenò una delle sue birbonate. L’anno era il 1972 ed il Foggia Calcio era in Serie B. «Ettore non amava dividere lo champagne con i calciatori – asserisce lo storico massaggiatore Rabbaglietti -. Diceva scherzando che loro non capivano la differenza che intercorreva tra un modesto vino bianco ed un raffinato spumante francese. Alla vigilia della partita interna contro il Taranto (il 2 gennaio, 1-1 il risultato finale nda), prima di sedersi a tavola con i suoi ragazzi, chiamò il capo cameriere per impartirgli alcuni ordini. Al suo tavolo sarebbe dovuto arrivare solo champagne, per tutto l’arco del pranzo. Non doveva riceverlo nella classica bottiglia, bensì in una brocca (alcune versioni dell’episodio, come quella del portiere Memo, parlano di lattine di tè vuote e non di brocche nda). Si trattava di un coccio di vetro del tutto simile a quello che i calciatori avrebbero ricevuto per il loro vino. Non rimaneva che impartire un ultimo comando perentorio per il cameriere: “Se mentre mangio ti chiedo del vino bianco per me, tu portami lo champagne; se per caso ordino vino bianco per qualcun altro tu porta proprio il vino bianco, quello locale, in una brocca identica alle altre”: Con questi accorgimenti il banchetto ebbe inizio».
Il lungo tavolo accoglieva l’intera squadra, come era consuetudine nei ritiri: il rito del pranzo era un importante momento di aggregazione. «Ricordo che il “Puri” diceva al cameriere di portargli la “Gazzosa” – sorride Pirazzini -, cercando di mascherare alle nostre orecchie la vera essenza contenuta nella brocca». Tra le caraffe di vino rosse spiccava in modo particolare quella chiara di Ettore. Appena il primo commensale la notava, credendola ripiena di vino bianco, chiedeva di poterne assaggiare un bicchiere. «Puricelli partiva in quarta: “Vuoi il vino bianco? Certo! Ragazzo, porta tre brocche di vino bianco ai signori”. I malcapitati, contenti per la concessione ricevuta dal tecnico, mandavano giù il vino locale, mentre “il vecchio” continuava a riempirsi il calice del ben più prezioso nettare».
Il soprannome “testina d’oro” era il marchio distintivo di Puricelli. I suoi gol segnati di testa facevano notizia sui giornali e diventavano cartoline ricordo nelle edicole. Tutti lo riconoscevano con questo particolare nomignolo, anche i protagonisti dal mondo del calcio, arbitri compresi. Durante una gara di Coppa Italia, però, questo soprannome diede vita ad un divertente siparietto. Il Foggia, appena retrocesso dalla A alla B, giocò una gara bellissima, senza mai riuscire a far gol. Due traverse ed un palo aumentarono i rimpianti dei ragazzi di Puricelli.
Proprio quando il risultato si avviava verso il più tranquillo degli zero a zero, ecco che successe l’impensabile. «L’arbitro al novantesimo ci fischiò un rigore contro – racconta Lino Rabbaglietti -. Il “vecchio”, come è facilmente capibile, non la prese affatto bene. Si infuriò davanti alla sua panchina ma le rumorose proteste non sortirono alcun effetto: dovette accettare suo malgrado il giudizio dell’arbitro. L’avversario trasformò il penalty e la partita finì dopo pochi istanti. Scendemmo negli spogliatoi per la doccia, un tunnel stretto e lungo. Il “Puri” si posizionò a metà dello stesso per salutare uno ad uno gli avversari. Tra di essi, intenta a rientrare negli spogliatoi, c’era anche la terna arbitrale che aveva diretto l’incontro. La giacchetta nera, riconoscendo il personaggio, disse con un pizzico di riverenza: lei è il mitico “testina d’oro”! Nella rabbia di un concitato finale di gara, questo complimento poteva risuonare come una presa in giro. Il “vecchio” non aspettò un secondo per ribattere. E lei? E’ testina de casso?».
TRATTO DA: Diavolo di un satanello, Il Castello Edizioni, 2010. AUTORE: Domenico Carella
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Domenico Carella – Comunicatore