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6 Ottobre 2024
Foggia Calcio Storia

Foggia Calcio 100 – La storia del centenario: “Non toccate la china Martini…” (di Domenico Carella)

Foggia Calcio 100 – La storia del centenario: “Non toccate la china Martini…” (di Domenico Carella)

La storia dei cento anni del Foggia Calcio raccontata dai libri di Domenico Carella. Oggi parliamo di Giorgio Braglia e della sua china Martini”

[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]I[/dropcap]l vero personaggio dello spogliatoio dell’U.S. Foggia nel 1972/73 fu sicuramente Giorgio Braglia.

Arrivò direttamente dalla Roma, capello lungo e baffetti, un po’ come tutti i giovani alla moda di quel tempo, ma non proprio come tutti gli altri. Dalle foto è facile notare come siano ben diversi i suoi capelli da quelli di Pirazzini o di Rognoni.

«Braglia aveva i capelli lunghi secondo le mode della Beat Generation, ma noi lo prendevamo in giro – sorride Lino -. Gli dicevamo che li portava lunghi che preferiva non andare dal barbiere. Era molto parsimonioso. La società decise di dargli un alloggio e lo mise nella stessa casa di Trentini in un palazzo nei pressi di via Manfredonia. Ogni qual volta i due prendevano l’ascensore per salire al settimo piano si alternavano nel pagamento delle “cinque lire” utili a mettere in moto l’elevatore (all’epoca funzionava così nda). I giorni pari Trentini, i dispari Braglia». Ma non è tutto.

A completare la descrizione del giovane Braglia ci pensa il suo amico di sempre Lele Trentini: «A dire il vero, alla sua cinque lire aveva fatto un bel buco per metterci una corda, in modo da non perderla – svela con un largo sorriso il portierone -. Ma il top Giorgio lo raggiungeva la sera, dopo aver messo la sua bottiglia d’acqua sotto il letto, un attimo prima di andare a dormire. Se il tecnico il giorno prima non lo schierava titolare aveva gli incubi; se rimediava un cartellino rosso non dormiva per tutta la notte. Si dannava dicendo “Adesso non gioco più, ne sono sicuro!”. Aveva una paura matta di perdere il posto da titolare».

Siamo agli inizi degli anni settanta e la tecnologia non ha ancora raggiunto la qualità dei nostri giorni. Poche righe fa si parlava di ascensori azionabili solo mediante il pagamento di una monetina. Di pari passo alla meccanica andava la medicina. Non erano ancora diffuse le siringhe usa e getta, pertanto nella borsa di un massaggiatore era facile trovare il cilindro in vetro, lo stantuffo e l’ago. Strumenti delicatissimi che andavano necessariamente sterilizzati di volta in volta. «Anche io avevo la mia, la custodivo gelosamente – sottolinea Lino -. Un giorno Trentini entrò nello spogliatoio e me la chiese. Non riuscivo a capire cosa potesse fare con una siringa. In un primo momento mi rifiutai, poi davanti alle pressioni di “Lele” decisi di prestargliela, a patto e condizione che mi informasse sul suo utilizzo».

Doveva tirare uno scherzo ad un compagno di squadra che il giorno prima gli aveva negato un bicchiere di liquore. Il portiere, come scritto nel precedente capitolo, condivideva l’abitazione con Giorgio Braglia, un grande estimatore della “China Martini”, un amaro molto venduto in quel periodo. «A dire il vero la bottiglia la compravo io – sorride Trentini -, ma alla fine chi la beveva era sempre lui. Giorgio comprava l’acqua ed era molto geloso della sua bottiglia. Se la portava anche vicino al letto». L’invito allo scherzo era talmente palese da non poter essere rifiutato. Così come per l’acqua, anche la China Martini diventava piccola proprietà privata dell’attaccante.

«Era talmente geloso della sua bottiglia – continua Lino Rabbaglietti – che dopo averla usata metteva un segno con la penna sul vetro, per indicare il livello del liquore ed essere sicuro che nessuno gliela toccasse. Poi la sigillava con il tappo e la riponeva nel suo mobile. L’utilizzo della siringa era proprio legato a quell’inaccessibile bottiglia. Trentini asportò l’amaro attraverso il tappo di sughero per poi riempire nuovamente il recipiente di vetro con dell’acqua…proprio fino al segno lasciato da Braglia. Il colpo perfetto».

TRATTO DA: Diavolo di un satanello, Il Castello Edizioni, 2010. AUTORE: Domenico Carella

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