Foggia Calcio 100: La storia del centenario: “Giorgio Braglia…Vidocq”(di Domenico Carella)
La storia dei cento anni del Foggia Calcio nei libri di Domenico Carella. Oggi parliamo di Vidocq Giorgio Braglia
[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]N[/dropcap]el 1971 la televisione italiana mandò in onda Les nouvelles aventures de Vidocq, una serie televisiva basata sulla figura di Eugène – Francois Vidocq, criminale ed investigatore francese. Questo strano personaggio si distingueva per il suo essere sfuggente, sempre capace di nascondersi per saltare fuori al momento opportuno. «Proprio come l’attaccante del Foggia Giorgio Braglia – ride Rabbaglietti -. In campo rubava sempre l’attimo all’avversario. In ritiro si spostava silenzioso senza destare l’attenzione dei compagni. Spesso lo lasciavamo in un posto ed un attimo dopo lo trovavamo in un altro».
Il medesimo ricordo lo conserva anche il capitano Gianni Pirazzini: «Era sfuggente, sempre in movimento». Il suo “padrino” nel gruppo era Giancarlo Morrone con il quale si era instaurato un rapporto d’amore ed odio. L’argentino lo stimolava sempre, aveva capito che Giorgio aveva importanti doti calcistiche: dai, sei forte, devi giocare in una grande società, gli ripeteva spesso. Ma mentre con la sinistra lo “accarezzava”, con la mano destra gli rifilava sonori scapaccioni. «Era un po’ come vedere un cartone animato di Tom e Jerry, l’eterno cacciatore di scherzi contro la vittima predestinata.
Tutto cominciò nei lunghi ritiri che precedevano le gare in casa. All’epoca si andava in albergo sin dal venerdì sera. Per spezzare la monotonia e la noia, Toneatto ogni sabato pomeriggio portava la squadra al cinema. Da buon condottiero si sedeva in prima fila, mentre nelle ultime, li dove l’ombra è più scura, sedevo io con Morrone ed altri “discoli” del gruppo. Verso la fine del film scivolavamo sulle poltrone fino a sparire sotto le stesse. A gattoni abbandonavamo la sala approfittando del buio. Una volta fuori facevamo tappa fissa in una nota pizzeria foggiana posta vicino al municipio. Prenotavamo sempre per le 18.30.
Morrone era l’organizzatore della fuga. Pagava sempre lui il conto, non permetteva mai agli altri di farlo, in questo era molto generoso, ma sceglieva lui chi coinvolgere nelle fughe». Evadere dalle ferree regole del tecnico era considerabile al pari di un’impresa, per la solerzia con cui Toneatto monitorava i propri ragazzi. Allo stesso tempo, però, era un atto comprensibile e forse anche necessario. Primo, perché tutto fa brodo quando bisogna cementare il gruppo; Secondo, perché due giorni di ritiro erano davvero interminabili. Pensate a cosa accadrebbe oggi se i calciatori moderni fossero obbligati a raddoppiare per tutto l’anno la “clausura” pre-partita. «Eravamo sempre i soliti – sorride Pirazzini –. Io, Bruschini, Colla e naturalmente Morrone.“Vidocq” Braglia era sempre tagliato fuori dalle nostre cene massoniche», dolce strappo alle regole alimentari predisposte dal tecnico.
Riusciti a sfuggire alle premurose attenzioni di Toneatto, la “banda delle fughe” venne inaspettatamente scoperta proprio da Vidocq, come spiega Rabbaglietti: «Deluso per non essere stato chiamato dai compagni decise di vendicarsi a modo suo. La settimana seguente uscì prima di noi dal cinema e, giunto al solito locale, ordinò una bella pizza margherita dicendo al gestore di addebitare la sua pietanza al nostro gruppetto, atteso di lì a breve. A fine cena Morrone capì che qualcosa non andava nel conto. Grazie ad un amico cameriere riuscimmo a scoprire il trucchetto di “Vidocq”. Juan Carlos ideò il contro-scherzo. Due settimane dopo, appena il film iniziò a scorrere sul grande schermo, mettemmo in atto la consueta fuga. Arrivammo in pizzeria con mezz’ora d’anticipo su Braglia, mangiammo la nostra margherita ed addebitammo a lui il conto: “Paga l’ultimo”. Ci appostammo dietro una porta e ci godemmo la scena del suo arrivo. Mangiò tranquillamente la sua pizza ma sobbalzò all’arrivo del conto. “No! Tutto lo stipendio di un mese!” si disperava il povero “Vidocq” mentre noi ridevamo nascosti dietro l’uscio. Il sabato successivo Braglia si avvicinò a Morrone e con fare timido gli chiese: “Posso venire con voi alla prossima cena? Paghi sempre tu?”. La risposta fu affermativa tra i sorrisi dei compagni di squadra».
La vittima, al termine della fiera, sembrerebbe essere il tecnico Lauro Toneatto, la cui nomea di rigoroso sergente di Ferro sembrerebbe paurosamente vacillare. Sembrerebbe. E già, perché anche il più intransigente dei tecnici sa che un gruppo ha bisogno di una certa libertà, magari anche vigilata, per trovare modo di compattarsi e diventare ancora più forte. «Uno scherzetto del genere me lo fecero anche a Pistoia – dice Toneatto -. Io per controllarli mi mettevo in ultima fila, scrutando dall’alto la sala, ma qualcuno può essere riuscito a farla franca. In fondo mangiavano solo della pizza, non era mica la fine del mondo. Certe volte bisogna far finta di non vedere niente».
TRATTO DA: Diavolo di un satanello, Il Castello Edizioni, 2010. AUTORE: Domenico Carella
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