[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]D[/dropcap]ovremmo fare un’eccezione, ma non possiamo. Per la grammatica di questa rubrica non è concepibile dire che domani il Foggia dovrà stare “Attento” non “a quei due” ma semplicemente a se stesso. Alle sue paure, ai suoi drammi esistenziali.
Quelli che non ti permettono di portare a casa i tre punti con il Livorno, nonostante l’appoggio incondizionato di 11mila “innamorati”. Quelli che ti bloccano a Cremona, in un pantano d’intenzioni mai tradotte in… soluzioni.
Non è concepibile ma è così: il Foggia deve temere innanzitutto il Foggia, solo in seconda battuta dovrà guardarsi dalle insidie di una Salernitana che sta vivendo il periodo più buio di un campionato deludente. La cifra della situazione negativa dei granata sta nel ko sanguinoso incassato dal Carpi (la 3ª sconfitta su 3 in casa contro gli emiliani) nel gelo di un Arechi vuoto per l’aperta contestazione dei tifosi contro la società.
Un match in cui il tecnico Gregucci, finito anche lui sulla graticola, ha schierato i suoi così:
Il 2-5 con gli uomini di Castori (un record: mai la Salernitana aveva incassato all’Arechi 5 gol in campionato; era accaduto solo una volta in Coppa Italia con la Fiorentina) ha rappresentato il 15° stop del torneo ed ha portato le reti incassate a 50, come l’Ascoli. Peggio ha fatto solo il Carpi con 61. Il trend dei campani è disastroso: nelle ultime 8 esibizioni, infatti, Rosina e soci hanno ottenuto appena un successo (con il Cittadella) e hanno rimediato 6 sconfitte. In più, il cammino esterno recita 9 ko – di cui gli ultimi 5 consecutivi – in 16 trasferte.
A questo quadro statistico complicato, si aggiunge il fatto che allo Zaccheria i granata saranno privi per squalifica di due pedine fondamentali: l’esterno sinistro Lopez e soprattutto l’attaccante bosniaco Djuric, il vero spauracchio 2019 dei campani con 6 reti nelle ultime 5 partite giocate. Dunque in terra dauna arriverà una Salernitana incerottata, ma che potrà contare sulla grinta di un mediano forgiato alla scuola di Rino Gattuso, cioè Francesco Di Tacchio. Che poi è nato a un tiro di schioppo dalla Capitana, a Trani, ed è un barlettano doc.

Svezzato da mister Gorgoglione alla Nuovo Globo, il classe ’90 che da giovane s’ispirava a Montolivo e adorava Gerrard è esploso nelle giovanili dell’Ascoli, club nel quale fu Colomba a lanciarlo in 1ª squadra. Proprio durante il periodo bianconero approdò alla Nazionale U20 (giocando con Immobile, Bonaventura e Darmian) e fece innamorare Corvino che lo portò a Firenze per 1,8 milioni di euro.
Sulle rive dell’Arno incrociò Mihajlovic e Prandelli, ma non s’impose come avrebbe voluto, per cui cominciò a peregrinare in giro per l’Italia. Miglior centrocampista della cadetteria 2017/18 in maglia Avellino, Di Tacchio (3 gol per lui sinora) ha ottenuto tre promozioni in «B» con Perugia, Entella (la 1ª storica per i liguri) e Pisa, nella “maledetta” finale playoff 2015/16 con il Foggia di De Zerbi, in una stagione in cui Ringhio lo spedì in panchina per un mese prima di ri-affidargli le chiavi della squadra.
Leader del centrocampo granata, Francesco è la mente di una formazione che si avvale delle corse di Casasola, dei colpi di Rosina e Mazzarani, dell’esperienza di Calaiò e pure – a corrente alternata e con le pause dovute a un talento baby – alla classe di uno dei tanti “laziali” spediti dal patron Lotito a farsi le ossa a Salerno, ovvero André Anderson. Al secolo, André Anderson Pomílio Lima da Silva, brasiliano di Pedrinhas Paulista, nello Stato di São Paulo, talento destinato a tornare alla corte di Simone Inzaghi a giugno.

Erede di quei “meninos da Vila” (Vila Belmiro è lo stadio del Santos) che da Robinho a Diego, da Felipe Anderson a Neymar hanno conquistato fama e trofei in giro per il mondo, André fu ribattezzato “o artilheiro” (il cannoniere) all’epoca in cui vinse la classifica dei bomber del Paulista U17 con 15 reti e fu convocato per la Seleção U18.
Il suo allenatore nelle categorie di base del Peixe lo paragonò a Giovanni “o Messias” (elegante trequartista che fece le fortuna – tra le altre – del Barcellona) e gli affidò la maglia n° 10, non un peso da poco per il time di Pelé. Se partirà titolare o si accomoderà in panchina allo Zaccheria, questa è scelta di Gregucci, ma con certezza André è elemento da non sottovalutare. Così come tutta la Salernitana.
Non uno spauracchio però: il nemico numero uno del Foggia – infatti – si chiama Foggia. E così si torna alle ansie, ai timori che t’inibiscono. Perché come sosteneva Totò: “Coraggio ce l’ho. È la paura che mi frega.” E se lo diceva il principe De Curtis…