Quando il Foggia Calcio batteva l’Inter di Herrera, la squadra più forte del mondo. E Pugliese diventava il “Mago di Turi”
Era il 31 gennaio del ’65 e il Foggia Calcio vinceva 3-2 sull’Inter davanti a 25.000 spettatori in preda al delirio. Il racconto di Domenico Carella
di Domenico Carella
[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]“F[/dropcap]ra un anno, fra due, fra tre… a Foggia si parlerà ancora di questa partita e di questa vittoria: e lo sguardo di molti s’illuminerà ancora di soddisfazione quando, ricordandone e raccontandone gli episodi, potranno dire: io c’ero”. Questa frase l’ha scritta Gino Palumbo, grande giornalista sportivo e direttore de La Gazzetta dello Sport. Era lui l’inviato del Corriere della Sera allo Zaccheria, il 31 gennaio 1965.
Ora. Immaginate questa grande squadra. I suoi campioni. Gli stadi in cui giocava abitualmente. E trasportatela nello Zaccheria degli anni sessanta. Mettetela davanti a quel Foggia Calcio. Davanti a undici ragazzi che hanno conquistato la prima storica promozione in Serie A solo qualche mese prima. Pochi soldi nelle casse e uno stadio che regala un paesaggio quasi lunare. Non c’è nemmeno un filo d’erba. Il rettangolo di gioco è in sansa, il tritato del nocciolo d’oliva. Quando soffia forte il vento si alza la polvere e diventa impossibile respirare a pieni polmoni.
Innanzitutto proviamo a capire perché questa partita è degna di essere ricordata. Forse perché per anni alcuni cinema della città hanno proiettato il secondo tempo ai tifosi famelici di gloria o perché un chiosco della villa ogni domenica ha mandato in diffusione la radiocronaca di quella partita. O magari, ancor più semplicemente, perché è stata una vittoria meritata. Non dettata da errori di presunzione da parte dell’Inter ma da una serie di fattori quasi totalmente legati al campo. Il Foggia è stato semplicemente più forte, almeno per una domenica. Un’impresa contro una squadra, l’Inter, che prima dello Zaccheria aveva fatto registrare 37 vittorie in 38 partite. IM-BAT-TI-BI-LI. O quasi.
Ma com’è il mondo del 1965. Per divertirsi si va al cinema, dove spopolano pellicole americane. Totò, svestito dai panni di marionetta, gira il film “Uccellacci e uccellini” di Pierpaolo Pasolini, mostrando le sue qualità per la prima volta in un ruolo drammatico, a pochi anni dalla sua scomparsa. Nella musica i Beatles preparano il lancio di Help!, brano che sarebbe diventato di lì a poco un successo internazionale. In Italia, invece, il Festival di Sanremo sta per proporre “Se piangi, se ridi” di Bobby Solo. In questo mondo si colloca Foggia, una città piccola del Sud Italia a vocazione agricola. La gente lavora tutto il giorno e la sera, soprattutto d’estate, si raduna davanti ai pianterreni disponendo le sedie in circolo. A queste latitudini la domenica è una tradizione a schema fisso. Si indossa il vestito buono, si va a messa, poi il ragù delle domeniche del Sud e le paste come dolce.
«Lui è il ‘mago’ del Nord, io sono il ‘mago’ del Sud. E lui mi deve riconoscere come tale». A una manciata di giorni dalla sfida del 31 gennaio, Oronzo Pugliese parla così al suo capitano, amico e confidente, Ciccio Patino. Pugliese attaccava continuamente Helenio Herrera. Ritiene di poter essere considerato anche lui un ‘mago’ e fa di tutto per riuscire a guadagnare quella qualifica. L’arma principale di Pugliese è la dialettica, cerca di stuzzicarlo continuamente in attesa di una reazione, ma l’argentino, serafico, non si scompone mai più di tanto. Almeno fino a quel 31 gennaio.
Intanto da Milano trapela tutta la preoccupazione dell’Inter. Jair, mezzo infortunato, abbandona il campo durante un allenamento in polemica con il mago. E poi c’è il viaggio. Dodici ore in treno spaventano i calciatori, al punto che giovedì 28 viene concesso di riposo assoluto, mentre la partenza viene fissata per le ore 22 di venerdì 29 gennaio. L’Inter arriva alla stazione di Foggia alle 10.15 di sabato mattina.
Il ritiro dell’Inter è programmato presso l’Hotel Santa Maria delle Grazie di San Giovanni Rotondo. Al termine della rifinitura mattutina il gruppo di Herrera si sposta nel piccolo centro garganico, reso famoso in Italia e nel mondo dalla presenza di Padre Pio, il frate con le stimmate. Dopo aver pranzato e riposato, i calciatori si ritrovano alle 16.30 sul sagrato della Chiesa di Santa Maria delle Grazie per essere ricevuti in udienza dal frate di Pietralcina.
Cinque gol segnati in 28 minuti. Una vorticosa girandola di emozioni capace di mettere alla prova i nervi e l’aplomb del più serafico dei tifosi. Ma con un quarto d’ora ancora da giocare c’è ben poco da stare tranquilli. L’Inter, come prevedibile, si riversa in attacco, mettendo il Foggia all’angolo con Oronzo Pugliese indemoniato. Corre lungo la linea di bordo campo incitando il pubblico che risponde in preda al delirio. Foggia e il Foggia si rendono conto di poter portare a termine l’impresa. Il fischio finale è un misto di liberazione e gioia.