[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]Q[/dropcap]uello che per il Foggia fu, per la Salernitana è. Una settimana fa… ko sanguinoso a Livorno, via Grassadonia, riflessioni sull’allenatore. Rossi “arriva” ma poi riparte. Scelto Padalino; nel frattempo torna il successo in casa rossonera con il 3-1 alla Cremonese: c’è l’inedito Pavone in panchina e il solito Kragl in campo.
Una settimana dopo tocca ai granata. La sconfitta con il Carpi (la 3ª di fila, la 4ª nelle ultime 5, solo il Crotone ha fatto peggio in termini di punti), l’addio di Colantuono, tutti in ritiro a San Gregorio Magno, il casting dura tre giorni. Panchina a Gregucci (anche per lui si tratta di un ritorno). Nel circuito astrale della cadetteria incroci come questi sono frequenti e sfiziosi, tanto più che non si tratta – almeno per le tifoserie – di uno scontro qualsiasi: è Salernitana-Foggia, una delle rivalità più “acide” del torneo.
Questione “tecnico” a parte, quali le condizioni di questa Salernitana alla vigilia del confronto con i dauni? Un passo indietro va fatto, alle ambizioni alimentate da una campagna estiva solida, che ha sfruttato la sinergia con la Lazio del patron “bifronte” Lotito: dai capitolini sono infatti arrivati Micai, D. Anderson (questi due liberi dopo il crack del Bari), André Anderson e Di Gennaro; ai biancocelesti sono stati resi A. Rossi, Adamonis e Sprocati, il bomber granata del campionato 2017/18 con 10 reti. Ai “laziali” si sono aggiunti Djuric (un gol a Buffon in maglia Cesena nel 2-2 con la Juve nel 2015), Mazzarani, Di Tacchio, Perticone, Vuletich, Jallow e Migliorini con l’obiettivo di comporre una rosa di ottimo lignaggio, almeno da playoff.
Anche qui, un percorso ideologico simile a quello del Foggia con cui i granata condividono i numeri: 20 punti fatti sul campo, con uno score perfettamente equilibrato tra vittorie, pareggi e sconfitte (5). Però, un po’ come i satanelli (che hanno ottenuto un’affermazione in meno in casa e una in più fuori, dove Schiavi e soci non hanno ancora vinto), anche i campani hanno subito un’involuzione nei risultati, certificata dal dato dei gol subiti: 11 nelle prime 12 giornate, 9 nelle ultime 3, tre di questi incassati al Cabassi dove Colantuono ha schierato i suoi così:
Tra i titolari l’ex Gigliotti e Perticone, idea di mercato costante nella testa dei DS foggiani; a centrocampo, infortunato Di Gennaro, la regia è toccata a Di Tacchio (tre gol sinora così come Casasola; 5 ne ha realizzati Bocalon, centravanti part time, con 750’ giocati); in avanti la coppia formata da Djuric e Lamine Jallow (pronuncia “Giallow”), il 1° obiettivo del nostro “Attenti a quei due”.
L’attaccante classe ’95 ha realizzato sinora appena un gol (decisivo, peraltro, contro il Verona, per una delle 5 vittorie interne dei granata) ma è sempre in rampa di lancio in una carriera che nasce a Bakau, vicino a Banjul, piccola capitale del Gambia, dove cominciò a giocare all’età di 5 anni e dove causò una “lite” tra i due suoi primi club, il Bakau Utd e il Banjul, che per questo furono penalizzati.

Il ragazzo, che s’ispira a CR7 ed è tifosissimo del Man Utd da quando entrava di nascosto nei cinema di Banjul dove venivano trasmesse le partite di Premier League, è arrivato in Italia grazie a un torneo disputato a Perugia con la sua nazionale giovanile, durante il quale fu osservato e portato poi al Chievo da quello che sarebbe diventato da lì a poco il suo agente.
Lamine, in prestito con obbligo di riscatto in caso di promozione dei granata, ha giocato con il Cittadella (epoca in cui fu paragonato per la sua velocità a Gervinho che allora spopolava con la Roma), poi ha debuttato con il Chievo in A ed ha vestito le maglie anche di Trapani (insieme a Casasola) e Cesena, prima di approdare a Salerno. Dove potrà giovarsi dell’esempio di un “ever green” della categoria, quell’Alessandro Rosina, che sta distribuendo all’Arechi gli ultimi (forse!) scampoli di classe di una “traiettoria” luminosa.

Rosinaldo, come fu ribattezzato dai tifosi del Torino per il suo estro tutto brasiliano, vanta infatti nel suo palmarés uno scudetto con lo Zenit, società in cui approdò proprio grazie alle esibizioni di gala sotto la Mole. Dell’esperienza a San Pietroburgo, Alessandro – che ama pescare e ascolta musica house – conserva un tatuaggio con la corona dell’Impero russo e un ricordo non eccellente di Spalletti.
Scorie di vecchi tempi, oramai conservati nell’album dei ricordi così come l’unica presenza in Nazionale (con Donadoni) il 17 ottobre 2007 contro il Sud Africa. Rosina è stata sinora la carta jolly dalla panchina (due i gol per lui in 143’) ma non è escluso che Gregucci (orientato a passare al 4-3-3) lo possa utilizzare subito da titolare.
Perché domenica (ore 12.30), la Salernitana è nelle condizioni di non poter sbagliare. Un po’ come era accaduto al Foggia, che però la sua settimana di passione l’ha già vissuta… e superata!