[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]T[/dropcap]imoroso (per la folla di giornalisti), probabilmente. Concentrato, senz’altro. Nessuna concessione alla dialettica. Poche frasi, idee precise.
Una sola parola a occupare militarmente i suoi pensieri: “GRUPPO”.
Gianluca Grassadonia si è svelato così ieri al popolo foggiano «arrostito» dal caldo torrido di Capitanata. “Un sogno che si avvera”, forse l’unico omaggio alla propaganda. Per il resto, solo una strenua, integralista cultura del lavoro: “Promettiamo un percorso fatto di sacrificio, lavoro e passione”. Già la declinazione alla prima persona plurale “promettiamo” è un segno distintivo del Grassadonia pensiero. C’è il “NOI”, non l’”Io”.
“Mi aspetto molto da tutti, mi piace chi ha un’idea precisa di gruppo. Il gruppo è sacro. Chi non rientra nei canoni di un progetto è fuori”. Comandamenti chiari, amicizia lunga… si potrebbe dire parafrasando un noto detto popolare. Del resto il nuovo mister rossonero ha sempre cercato di cementare l’unione prima di costruire una squadra.
Lo ricordano bene i satanelli ripensando all’esordio della stagione 2015/16, quando la Ferrari di De Zerbi s’ingolfò proditoriamente al Torre di Pagani di fronte a una formazione assemblata in fretta e furia (per le vicende legate all’iscrizione e all’ammissione alla categoria) ma sostenuta dallo spirito di disciplina, conquista e sopravvivenza.
Alla guida degli azzurrostellati c’era proprio Gianluca Grassadonia; in mezzo al campo a regalare stilettate di classe (e a firmare il gol del 2-0 campano) si muoveva Ciccio Deli: “È un ragazzo fantastico”, ha detto l’allenatore salernitano, “forse troppo buono, dovrebbe essere più cattivo; ha comunque dimostrato di essere uno importante”. Un giocatore da cui ripartire: ma questo, il mister, lo avrà già detto al DS Nember. Perché poter contare su giocatori che “(…) ho già avuto con me, aiuta la crescita del GRUPPO”.
Ancora e sempre il gruppo, da forgiare subito in ritiro (“Cercheremo di avere l’organico al 70% già in ritiro perché dobbiamo conoscerci”) e da allevare al culto del “(…) grande senso di appartenenza”. L’unica cosa che – in fondo – chiede la gente del Foggia, anche oggi impegnata a sfidare il sole omicida della mattinata per sottoscrivere abbonamenti e tessere.
E la penalizzazione, spada di Damocle sulla testa di un satanello “terrorizzato” dallo spettro Lega Pro? “Non dobbiamo pensare ai -15 ma lavorare”, questo il mantra di Grassadonia, che non è certo uno che si spaventa per le difficoltà di classifica. Basti ricordare il suo approdo a Messina il 3 dicembre 2013, per dirigere la formazione peloritana in quel momento terz’ultima nel torneo di Seconda Divisione. Ebbene, l’ex difensore che esordì con Zeman in serie A si rimboccò le maniche e dopo una cavalcata strepitosa iniziata proprio con un successo 2-1 allo Zaccheria portò i siciliani alla promozione diretta raggiunta con la vittoria a Lamezia “griffata” da Alessandro De Vena, proprio l’hombre del rigore sul palo a Melfi…
Un’impresa straordinaria, come quella che dovrà compiere a Foggia puntando sul gioco (“Mi piace fare calcio, mi piace che la squadra comandi, che abbia dei concetti, che non subisca ma faccia la gara”), sulla versatilità (“Mi piacciono i giocatori duttili, non i moduli prestabiliti”), sull’entusiasmo (“Questo ambiente mi fa essere invidiato da molti colleghi”) e soprattutto su una parolina di sei lettere dal significato immediato ma profondo: GRUPPO!
Benvenuto e in bocca al lupo, mister Grassadonia