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27 Marzo 2025
Foggia Calcio

Foggia calcio, la salvezza passa più dalla “rabbia” che dall’eleganza di una partita ben giocata

[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]B[/dropcap]ere un caffè con l’amaro in bocca. Quel retrogusto sapido di una sensazione insipida. Quella che ti resta quando il piacere momentaneo lascia in eredità il nulla, se non il ricordo di ciò che poteva essere e non è stato. Il significato dell’incompiutezza dell’essere. La stessa che sta travolgendo il Foggia calcio nel suo cammino allo Zaccheria. Rimproveri? Sarebbe ingeneroso farne.

Lo dicono il numeri, la dice la fredda legge della statistica. Che contro il Pescara ha vergato per i posteri i seguenti dati (forniti direttamente dalla Lega di serie B): 5 corner a 3 per i satanelli; 534 passaggi rossoneri contro i 328 biancazzurri; di questi 419 completati a 233. E ancora: 20 tiri a 7, 12 a 3 dentro l’area di rigore. Possesso palla: 64% a 36%. Scende un marziano dalle galassie lontane e immagina: è finita 3-0. Errato: 1-0 per il Pescara, grazie al graffio di Mancuso in uno dei pochi lampi boemi del Delfino. Il calcio è questo: chi segna vince. Si è convertito pure Zeman, che si è preso tre punti e se n’è tornato in riva all’Adriatico. Analisi esaurita: il football a volte è ingeneroso.

Vero, ma non c’è altro da dire? Niente… se non fosse che il caffè te lo prendi in compagnia di un tifoso, appassionato e sveglio. Uno che ti guarda e dice: “Questa squadra si è abituata a giocare per vincere, negli ultimi anni era la più forte e dirigeva le operazioni sempre con un piede più in là della metà campo. Quest’anno è differente: si lotta per la salvezza. Serve altro”. Un ragionamento banale, scontato? Per nulla. Chi non ricorda Foggia-Casertana 2-0, la purezza del dezerbismo più spinto: recupero palla in tre o quattro secondi e pensiero immediato alla porta avversaria. Oppure Foggia-Lecce 3-0, la perfezione stroppiana. Quel pomeriggio, dai giallorossi nulla a pretendere, se non l’applauso verso chi ti ha surclassato e rispedito in Salento colmo appena di un sincero complesso d’inferiorità. “Eravamo i più forti”, c’è poco da aggiungere.

L’espresso è finito. Non la spiegazione. Cosa manca? Tecnicamente quasi zero, tatticamente pure. Ma cosa chiedere allora a questi ragazzi, autori di una prestazione che ha sfornato statistiche tanto contundenti? Solo una cosa: metteteci furore. Nel 2° tempo ci saremmo aspettati la bava alla bocca, il fiele sputato in faccia alla cattiva sorte e alle infauste congiunture astrali. E invece, il Foggia ha giocato senza “imbufalirsi”, senza litigare. Senza caricare, senza smuovere il mondo per recuperare. Per salvarsi occorre vincere e fare punti. E per vincere, soprattutto in un torneo come la serie B, non serve solo un progetto tecnico importante, c’è necessità di un nervosismo agonistico che strappa il cuore e lo getta oltre l’ostacolo.

Considerazioni appena virtuali? Nient’affatto. Lo racconta la storia. L’unico successo casalingo del Foggia è stato sinora quello con il Perugia. E i dati di quel confronto fanno riflettere: 5 corner a 4 per il Grifo; 440 passaggi a 391 sempre per gli umbri (che ne hanno completati 339 contro i 290 dei rossoneri); 17 tiri a 10 per gli ospiti, 54% di possesso palla per loro contro il 46% per gli uomini di Stroppa; 5 calciatori granata ai primi 5 posti per tiri effettuati. Tutti numeri pro Perugia. Poi però lo sguardo si posa su una cifra “nascosta”, di quelle ritenute “inutili” e che invece – con ogni probabilità – ha racchiuso il segreto del 2-1 finale: 6 ammoniti del Foggia contro 2 del Grifo. Una questione di “cazzimma” dunque. Quella sera ce ne fu in abbondanza e Mazzeo&company ottennero i tre punti. Un caso? Crediamo di no, perché mai più abbiamo rivisto in casa quello spirito da “guerra sporca”: forse solo nei minuti di recupero contro il Venezia, quando infatti arrivò un pari che valeva una vittoria.

E allora, in conclusione, cosa dire di Foggia-Pescara? “Bella la buasserie, bello l’armadio, belle le cassepanche, bello tutto, grazie ma (…) io non te pago”, è ciò che rispose il Marchese del Grillo al povero Aronne Piperno che chiedeva di essere retribuito per i suoi servigi di falegname. È stato tutto bello, il Foggia ha giocato benissimo, ha costruito tanto ma non è stato pagato… in punti. Evidentemente allora, per tornare al sorriso c’è bisogno di altro. Di quell’urlo rabbioso che Kragl ha stampato in faccia al sig. Sacchi dopo un fallo che in realtà c’era. La salvezza del Foggia passa da lì. Ricomincia da Oliver, dalla sua voglia muscolare. Dall’aggressività seriale del nuovo panzer in capo!

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