[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]S[/dropcap]ette scudetti che pesano come un fardello di memoria su un calcio che non esiste più. Era l’epoca delle Casacche bianche, alle cui virtù si piego anche la Nazionale, la quale scelse ai suoi albori proprio il colore della “purezza” per omaggiare la regina di quel tempo: la Pro Vercelli. Sette scudetti dal 1908 al 1922: l’emblema di una cultura amatoriale naufragata un “bel dì” nel mare di un professionismo inarrestabile. Se ne accorsero quando Virginio Rosetta, quello dell’epico trio Combi-Rosetta-Caligaris, se ne andò da Madama signora, sedotto dai quattrini degli Agnelli, lasciando la Pro all’eredità postuma del suo “figlio” più nobile, Silvio Piola, a cui è intitolato lo stadio cittadino.
Un impianto che sarà teatro di una nuova migrazione del popolo foggiano impegnato a risollevare il cuore dei suoi ragazzi, sedotti e abbandonati da un football violentemente rinnegato contro il Parma allo Zaccheria. Il passato è passato, però. Per il Foggia, come per la Pro. Non esiste nemmeno più la nostalgia per i sette scudetti, la realtà dice che Vercelli viaggia ora all’ultimo posto della classifica di B con appena 10 punti in 11 partite, uno meno della truppa di Stroppa. Che lo scorso anno espresse stima sincera per il condottiero sabaudo Grassadonia, all’epoca tecnico della Paganese, una delle poche squadre che osò mettere in difficoltà l’invincibile armata di Giovannino.
Una formazione, quella piemontese, che ha perso al fotofinish il suo bomber di razza, Rolando Bianchi, sostituendolo con l’ex Bari Raicevic, montenegrino dal passaporto belga, a segno però sinora una sola volta (nel 5-2 al Cesena, unico successo interno dei Leoni). Raicevic era in panchina contro l’Avellino martedì, confronto perso 0-1, in cui i bianchi sono entrati in campo così:
Un’altra “vittima” del turn over è stato Carlo Mammarella, il sinistro più velenoso – forse – della cadetteria. Un “must” per i battitori da fermo. Se lo ricordano pure in Capitanata per il gioiello che chiuse la goleada di Lanciano nel 2010/11: 5-3 per la Virtus e Carletto a segno su punizione. Originario della provincia di Chieti, Mammarella è cresciuto nelle giovanili del Pescara, debuttando però in «B» con la Triestina, in un’epoca in cui il club alabardato era commissariato, tanto che un giovane come lui doveva far ricorso alla famiglia per mantenersi.

La svolta della sua carriera è arrivata nel 2008, quando è approdato proprio alla Virtus Lanciano con cui ha giocato sette stagioni e mezzo collezionando 246 presenze e realizzando 21 gol, il più importante dei quali fu quello del 27 maggio 2012 nel 2-2 di Siracusa che trascinò i suoi alla finale playoff di Lega Pro con il Trapani, finale che sancì poi la 1ª storica promozione in serie B dei frentani. Ha lasciato il club rossonero a gennaio 2017: non l’ha fatto per soldi (due anni prima aveva rifiutato un contratto da 500mila euro annui dal Catania) ma per esigenze di famiglia, restando comunque un idolo della tifoseria virtussima.
Mammarella ha firmato per la Pro Vercelli (di cui ora è capitano) il 23 gennaio 2017, una settimana prima di un altro “signore” del calcio d’altri tempi, Giuseppe Vives da Napoli, il leader indiscusso dei Leoni. Uno che pensò anche di mollare l’attività agonistica, ad Ancona (dove fu allenato da Spalletti), quando i ripetuti infortuni gli fecero balenare l’idea di votarsi alla… ragioneria. Per fortuna poi sono arrivate Lecce e Torino a preservare la grinta dello scugnizzo cresciuto nel Napoli Club Afragola e voluto in Salento da Zeman.

Chi è Beppe Vives? Per scoprirlo ci affidiamo ai colleghi di «infovercelli24.it» che in una pagella l’hanno definito un giocatore “(…) non solo di un’altra categoria, bensì di tutt’altro emisfero. Un campione la cui sola presenza in campo può cambiare le sorti della partita e, addirittura, la tendenza di un intero campionato”. Un’esagerazione? Chissà, certo che la cifra del suo spessore umano – oltre che tecnico – è stata misurata proprio nel momento del suo passaggio alla Pro, quando posticipò la firma per essere insieme ai compagni del Torino per un’ultima importante partita contro l’Atalanta, al termine della quale andò sotto la Maratona e scoppiò in lacrime, prima di salutare lo spogliatoio con un discorso da vero capitano.
L’ultimo flash su Beppe ci riporta a un episodio con Ventura, oggi CT della Nazionale, suo mister in granata: a Bilbao dopo lo storico confronto di Europa League con l’Athlétic, il tecnico lo incontrò in zona mista e gli chiese dove fosse andato: “All’antidoping, mister”, rispose Vives, e Ventura commentò: “Beh, normale che te lo abbiamo fatto, visto quanto hai corso…” Mammarella e Vives: ecco i due pericoli (ma occhio anche a Castiglia, scuola Juve, tre gol sinora) per il Foggia in vista di Vercelli. Una trasferta lunga e faticosa, un tuffo in un passato lontano. Nella culla di un calcio che non esiste più!