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17 Febbraio 2025
Foggia Calcio

Ha rinnovato Giovanni Stroppa, il “profeta” dell’impossibile che ha reso possibile il sogno del Foggia calcio

La conferma è finalmente arrivata (in alto la foto ufficiale della firma pubblicata direttamente dal Foggia Calcio): Giovanni Stroppa sarà l’allenatore del Foggia anche per i prossimi due anni (con opzione per il terzo). Un’altra pagina rossonera sarà scritta, speriamo ancora più entusiasmante, come la storia del tecnico che ha riportato il Foggia là dove le speranze color«A»no il cielo di sogni…

Che Giovanni Stroppa fosse un tipo dalle imprese non convenzionali lo si era capito sin dalla nascita. Avvenuta in una cascina di Mulazzano, in quel lembo di provincia rurale milanese dove il sacrificio e il lavoro dipingono i tratti somatici di famiglie radicate nei valori più profondi. La sua vita comincia lì.

Una vita da numero 10, non certo da mediano: del resto, con l’interista Ligabue, Giovanni ha poco in comune. Lui – infatti – è esploso con i colori rossoneri sulle maglie, quelli che l’hanno portato al battesimo in «A» con il Milan degli Invincibili, a Cesena, il 27 agosto 1989, in una partita nella quale Sacchi non poteva contare né su Gullit né su Van Basten.

Griffò il 1° gol del campionato (al 7’), un record che gli valse la cassa dei vini che spettavano al marcatore più veloce del torneo. Di per sé già un evento da rimarcare. Ma volete voi che uno capace di riportare Foggia e il Foggia in serie B dopo 19 anni, si potesse accontentare di segnare la sua rete al debutto in «A» come un comune mortale? Proprio no.

Giovannino scelse un prodigio balistico, s’inventò una traiettoria che sembrava partorita dalla mente allucinata dagli autori di Holly e Benji: prese la mira da 30 metri e “soltou uma bomba”, come direbbero i narradores brasiliani, “liberò una bomba” che andò a infilarsi nel sette della porta difesa – pensate un po’ – da quel Seba Rossi che nel Milan avrebbe poi fatto la storia. Come il “nostro” Giovannino.

Tokyo, 9 dicembre 1990: finale di Coppa Intercontinentale contro i paraguagi dell’Olimpia di Asunción, un pezzo di mitologia del Sudamerica. Sacchi non può contare su Ancelotti ed Evani e per una settimana martella Stroppa: la maglia 11, normalmente indossata da Chicco, l’eroe dell’Intercontinentale dell’anno prima, è sua. Un altro esordio che avrebbe potuto portarlo sul tetto del mondo.

Rispose presente in una partita decisa dalla doppietta di Rijkaard ma illuminata da Marco Van Basten, il più grande con cui Giovanni abbia mai giocato. Anche qui, però, la domanda sorge spontanea: poteva farsi bastare la “sola” vittoria della Coppa un tipo come lui in grado di sostituire il “masaniello” De Zerbi nel cuore dei tifosi rossoneri? Nemmeno per sogno.

Anche lì lasciò il segno. Un gol, quello del raddoppio. Banale, il più banale della sua carriera. Un tap in sulla linea di porta dopo l’ennesima perla del cigno di Utrecht, un appoggio facile, ma che ha iscritto il suo nome negli annali del calcio internazionale. Beh, qualcuno potrebbe obiettare: “Semplice confezionare imprese quando si dividono gli allenamenti solo con fuoriclasse in…Diavolo…lati!”.

Ma Stroppa di magie ne ha dispensate diverse e in realtà pure meno “infernali”. Chiedete lumi al suo maestro Zeman, che lo vide risolvere un Foggia-Piacenza (era il 2 febbraio 1994) direttamente da calcio angolo, alleandosi mefistofelicamente con il bizzarro vento di Capitanata. Oppure, cinque anni dopo, nella stagione in cui il boemo guidava la Roma e Giovannino era a Piacenza, quando assistette impotente allo show del suo ex fantasista che all’Olimpico – di fronte al “bimbo de oro” Totti – realizzò un gol di volee e scheggiò la traversa da centrocampo. Il giorno dopo, era il 7 gennaio, il Corriere della Sera titolò: Il genio di Stroppa incanta la Roma”, tanto per ribadire il carisma speciale di Giovannino.

Che ancora con Zeman in panchina realizzò una rete quasi da metà campo con la casacca dell’Avellino, alla Favorita di Palermo, il gol dell’1-1 (l’1-0 rosanero era stato siglato da Toni) nella stagione 2003/04. Un rombo d’istinto, un inedito assoluto, anche perché fu l’unico centro con i Lupi d’Irpinia. La carriera di Giovannino era agli sgoccioli, salutò scarpette e olio canforato l’anno dopo nella sua Foggia (perché Giovanni si sente foggiano), regalando l’ultimo trofeo alla bacheca dei suoi capolavori: una rete da fenomeno a Fermo, il 25 febbraio 2005, nell’elastico 4-0 dei satanelli sulla compagine di casa. Fine dei giochi? Per nulla.

Perché anche da allenatore (carriera che virtualmente iniziò proprio in Capitanata, in un Foggia-Reggiana 2-1 del 9 gennaio 2005, quando i rossoneri senza tecnico e con il patron Coccimiglio in panchina si affidarono a lui per gestire quel match) Giovanni Stroppa ha continuato a percorrere la via dell’impossibile, sino al 23 aprile scorso, a Foggia, a P.zza Cavour di fronte a 30mila tifosi impazziti per un’impresa titanica.

Ha battuto tutti i record con il suo Foggia e cosa ancora più incredibile ha convertito all’equilibrio una città divisa da sempre tra fede e disillusione, tra speranza e rabbia. Quella che Giovannino si è concesso appena dopo Foggia-Fondi, quando spiattellò al mondo intero l’unica verità che conosceva: “Noi vinceremo il campionato”. Detto e poi… fatto: mica da tutti! Lì, ancora una volta, ha mostrato tutta la sua eccezionalità.

Una dotazione di serie del resto, sin da quando il suo primo vagito centrò l’incrocio dei pali in una cascina della Bassa Padana…

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