Il triplete di Agnelli, dalla Serie D alla B col Foggia Calcio. «E’ un sogno»
Parla il capitano della rinascita del Foggia Calcio. Accettò di vestire la maglia rossonera in Serie D. In cinque anni ha ottenuto il pass per la serie cadetta.
[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]D[/dropcap]alla Serie D alla B indossando la maglia della squadra della propria città. Questa è la favola di Cristian Agnelli, capitano e anima del Foggia. Leader nello spogliatoio e uomo di riferimento per la piazza, sin da quando, nell’estate del 2012, decise di scendere di categoria per accettare l’offerta dei rossoneri che si apprestavano a ripartire dall’inferno dei dilettanti. Una scommessa vinta a suon di risultati, con un ripescaggio e due promozioni negli ultimi cinque anni. L’ultimo atto il 23 aprile scorso, con il pareggio di Fondi e il ritorno del Foggia in Serie B, dopo 19 anni di assenza.
Ormai è passato qualche giorno dalla promozione. A mente fredda, ha messo a fuoco quello che è successo?
«Sì, tutto quello che c’è stato, le emozioni della gente al ritorno in città dopo la trasferta di Fondi ci ha fatto capire cosa vuol dire vincere a Foggia».
La città ha festeggiato liberando una gioia trattenuta per tanti anni. Quali emozioni ha vissuto?
«Mi hanno detto che la festa della promozione in Serie A del 1991 durò molto meno. La gente era esasperata da anni di delusioni e la vittoria del campionato è stata vista come una liberazione. Mi auguro di aver messo una pietra sopra il passato. Ma attenzione, ci vuole poco per scivolare e tornare indietro. Quindi noi calciatori e la città dobbiamo continuare a essere un corpo unico, coesi».
Qual è stato il segreto per vincere il campionato?
«La costanza e il carattere. Abbiamo sempre reagito nei momenti difficili. Tutte le squadre hanno momenti negativi in un campionato ma noi abbiamo saputo gestirli».
Nel 2012 ha fatto una scelta di vita importante lasciando la Lega Pro per ripartire dalla D. Una scelta dura?
«Non fu facile, ma quando mi contattò il ds Di Bari ed capii che Foggia aveva bisogno di me, non seppi dire di no. Ancor di più con una squadra che aveva al centro del progetto la foggianità, dai dirigenti al tecnico Pasquale Padalino, fino ad arrivare ai calciatori, con molti dei quali ho giocato nel settore giovanile. Poi sognavo di regalare qualcosa d’importante alla mia città».
Cosa ricorda dell’inizio di questa avventura?
«Tanti momenti. Tra questi le volte che i tifosi ci hanno atteso allo Zaccheria dopo una vittoria. Come nel derby di Coppa Italia vinto contro il Bari l’anno scorso. Poi l’emozione che ho provato quando lo Zaccheria mi ha dedicato un coro due settimane fa. Ho sentito la fiducia della gente ed è stato bello».
Dopo la promozione, molti dei suoi compagni hanno indicato lei come uno dei protagonisti di questa stagione.
«Io rispondo citando i miei compagni. Quello che hanno fatto è fuori dal normale. Mi hanno sopportato ogni giorno eppure mi hanno sempre dato disponibilità piena. Nello spogliatoio sono un martello, perché chiedo sempre il massimo impegno».
Adesso arriva la Serie B. Come la immagina?
«Sarà una delle più competitive degli ultimi anni. I nomi delle avversarie fanno paura, ma anche noi in B ci entriamo di prepotenza, non da ultimi arrivati. Ci porteremo dietro il nostro blasone e l’entusiasmo. Ma è ancora presto per parlarne».
Cosa serve a questo Foggia per essere competitivo anche in Serie B?
«Non so rispondere, ma quest’anno abbiamo ottenuti i risultati con i sacrifici e l’anno prossimo dobbiamo raddoppiarli».
Il suo futuro?
«Ho un altro anno di contratto e la mi piacerebbe restare. Momenti come questi ti segnano il cuore, ti danno voglia di ripartire».
L’anno prossimo sceglierà ancora la maglia numero 4?
«Se potrò cercherò di tenerla. La indosso da diversi anni e la sento mia».
Si tratta di una maglia simbolica. Con quella maglia giocava Gianni Pirazzini, storico capitano e bandiera del Foggia.
«Certo, diventare una bandiera sarebbe un sogno, ma Pirazzini ha fatto grandi cose in Serie A, non in D o in Lega Pro. A lui sono molto legato, perché ho iniziato a giocare nella sua scuola calcio. La sua figura mi da forza».
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
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