[dropcap color=”#” bgcolor=”#” sradius=”0″]“M[/dropcap]i trovo probabilmente nel posto giusto al momento giusto”. Era il 27 agosto 2016 quando in una sala stampa gremita e accaldata il Foggia presentava Giovanni Stroppa. Il mister che avrebbe scritto la storia. Il mister della rivoluzione. Silenziosa, senza sbraitare: “Questa squadra ha bisogno di equilibrio, che è sinonimo di forza”, disse. Quanta saggezza in quelle parole, accompagnate da un altro dogma dello “stroppismo” più nobile: “C’è un unico obiettivo e credo che insieme si possa essere più forti.”
Il tecnico lodigiano raccoglieva un’eredità pesante in uno spogliatoio legato al precedente tecnico, ma per Giovanni c’era l’orgoglio di “(…) allenare questa squadra in questa città” e soprattutto c’era la consapevolezza che per raggiungere i traguardi, per vincere c’è “(…) un lavoro dietro, è una questione di mentalità e di cultura, senza questo non si può essere protagonisti. Se avremo la mentalità «cazzuta» di non concedere nulla, allora tireremo fuori le qualità che abbiamo” (17/9/2016).
La partenza è strepitosa: 6 vittorie di fila e un pareggio d’oro a Matera. Poi il pari interno con l’Akragas con il rigore fallito da Mazzeo e l’espulsione di Guarna a partita conclusa (“Non ammetto comportamenti sopra le righe”, la sentenza del tecnico dopo la partita). A seguire, ecco l’1-4 con la Juve Stabia, 1° ko stagionale: al ritorno, un clima – per usare un eufemismo – mesto. Per tutti, non per l’allenatore che ribadisce: “Non dobbiamo farci condizionare dall’ambiente. Abbiamo un progetto e tanta strada davanti.”
Ambiente che si elettrizza per un evento speciale, l’apertura del Foggia Store alla Mongolfiera il 26 ottobre. Un mare di affetto che sommerge anche Stroppa: “C’è fame di calcio, ho avuto altre esperienze ma una cosa del genere non mi era mai capitata. Vedere questo bagno di folla ti responsabilizza.” Arrivato dalla scuola degli invincibile del Milan, Giovanni “pubblica” l’editto delle formazioni vincenti: “Non si vince qualcosa solo perché si ha una maglia importante e uomini di rilievo. Se non metti cuore, carattere e determinazione non vai da nessuna parte” (vigilia di Foggia-Catanzaro, 19/11/2016). Il momento non è dei migliori, arrivano i primi fischi dopo l’eliminazione in Coppa Italia con il Matera. La sua formazione fatica a ritrovare la strada dei tre punti sino alla madre di tutte le sconfitte, quella con il Fondi. Una battuta d’arresto pesante, i tifosi vedono di nuovo i fantasmi (del Pisa!).
Stroppa incassa ma aspetta qualche giorno per compiere il suo capolavoro dialettico. Quello che cambierà tutto: “Qui problemi non ce ne sono”, dice a 24 ore dalla trasferta di Melfi, “Abbiamo perso, ci siamo presi i fischi ma si deve andare avanti nel nostro percorso, determinati a dare risposte. La società non mi ha abbandonato. (…) Testa bassa e lavorare, ma testa alta perché non dobbiamo vergognarci di nulla.” E continua su due che la piazza ha messo sotto tiro: “Vacca e Sarno stanno con l’allenatore. Se Sarno avesse qualche problema con l’allenatore non avrebbe giocato con le infiltrazioni o fuori ruolo. Vacca ha problemi alla schiena e non si è mai tirato indietro. Nessuno gioca contro l’allenatore, non c’è nulla di più falso.” E conclude con la frase simbolo della stagione foggiana, pronunciata con rabbia educata e sbattendo i pugni sul tavolo: “NOI VINCEREMO IL CAMPIONATO, la squadra e la società mi danno certezze!”
È la svolta. De Vena aiuta certo, ma il vento cambia: “Mi sento fortissimo”, chiarisce il tecnico lombardo prima di Andria-Foggia: “Forse non ho forza mediatica ma se vedete i numeri un po’ di merito potrei averlo.” Una posizione ribadita con vigore ma umiltà. Un altro dei segreti di Stroppa. Che compatta lo spogliatoio, i suoi lo conoscono e lo apprezzano perché come avrebbe dichiarato tempo dopo Rubin “(…) il mister è straordinario nel gestire soprattutto le sconfitte.” Una pesa come un macigno. La vetta è conquistata ma arriva il derby di Taranto. Il Foggia non gioca. 2-0 rossoblù e tutti a casa.
Ci risiamo? No e l’allenatore lo sostiene con forza: “Taranto è stato un episodio, queste partite possono succedere. Facciamo tesoro di questo episodio. Noi abbiamo numeri importanti. Giochiamo in maniera eccellente, sono contento di stare su questa panchina. La mia squadra è fortissima.” Altro gol sotto l’incrocio come quelli che confezionava da giocatore. Inizia da lì, dal successivo 3-1 sul Matera (una lezione tattica ad Auteri) la striscia infinita di vittorie del Foggia, compresa quella con il Lecce (“Noi siamo pronti, non staremo lì a gestire. Con tutto il rispetto per gli avversari andremo in campo per vincere”, il mantra stroppiano del pre-partita) che lancia la capolista in fuga. “Nessun atteggiamento festoso, siamo determinati a proseguire questo percorso. Non possiamo essere superficiali, ci faremmo male da soli.” Famelico come un vincente seriale.
Siamo ai giorni nostri, alla squadra che “(…) da forte è diventata fortissima con il lavoro”, con i record dei quali “(…) non me ne fr… niente”, con la squadra a cui il tecnico raccomanda solo di “(…) migliorare”. Fino a Fondi, la nemesi storica (“Ma per noi non è una rivincita”) e una promozione conquistata dopo 19 anni. E allora: “Parabéns mister”, “complimenti mister”. Missione compiuta. Sono passati otto mesi da quel giorno di fine agosto in cui taccuini e microfoni spiavano il nuovo tecnico dei satanelli. Oggi si può dire con assoluta certezza che Giovanni Stroppa, l’allenatore che ha scritto la storia del Foggia, è approdato NEL POSTO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO. Senza più… “probabilmente”!