Una promozione attesa venti anni, un delirio espresso nella festa più sfrenata. Una stagione magica che ripercorriamo cercando di raccontarla utilizzando le lettere dell’alfabeto, dalla «A» alla «Z»

A come Agnelli. Cristian, il capitano. Una faccia pulita. L’anima della squadra, l’espressione più pura della foggianità trasmessa con pervicacia nello spogliatoio rossonero. Secondo il suo allenatore, meriterebbe di vedersi intitolata una strada o una piazza. Chissà se il sindaco ci penserà…
B come Serie B. Attesa lunghi 19 anni. Da molti, moltissimi, nemmeno mai conosciuta. Agognata come l’origine prima e ultima del riscatto della città. Sfuggita tra le lacrime nella passata stagione, è arrivata quest’anno. Con pienissimo merito, dopo un torneo esaltante
C come Capolista. Un grido si è diffuso per ogni dove, spinto da ogni singolo respiro del satanello in giro per il mondo: “E se ne va, la capolista se ne va”. Un mantra canoro che ha invaso l’etere a partire dal 3-0 rifilato al Lecce e che non ha più smesso di diffondere “urbi et orbi” le note della vittoria
D come Di Piazza. Matteo, uno che è venuto per combattere il mondo. Un lottatore, un trascinatore. Il depositario più autorevole di quell’”ignoranza” temperamentale che tanti chiedevano al Foggia per il mercato di gennaio e che si è sfogata in scatti voraci e corse affamate
E come Esseneto. Lo stadio dell’Akragas, uno dei terreni più infami della Lega Pro, il catino però che ha dato la “certezza” che qualcosa era veramente cambiato. Dal rigore fallito da Mazzeo al 78° alla rete del successo di Di Piazza all’88°: si apriva un nuovo orizzonte. Il vento era finalmente girato…
F come Fondi o come Fischi. Che è lo stesso. Con il Fondi il 6 dicembre scorso il punto più basso. La sconfitta subita in rimonta e la squadra che esce tra i FISCHI dello Zaccheria. A Fondi, 4 mesi dopo, la nemesi storica e un pareggio che riconsegna al Foggia la tanto sperata serie B

G come Giovannino. Stroppa, il condottiero. L’artefice numero uno di questa promozione. L’uomo dal profilo “non basso” ma professionale. L’uomo che ha dato equilibrio a una città che si esalta e si deprime a stretto giro di un rigore segnato o sbagliato. L’uomo che dopo Foggia-Fondi, battendo i pugni sul tavolo, urlò: “Vinceremo il campionato”
H come Hotel Garden di Norcia. Un’esperienza scioccante, quella del terremoto, per la squadra che Stroppa guidava da pochi giorni. Una notte all’addiaccio, la paura di quello che poteva essere e fortunatamente non è stato. Anche per quella vicenda il Foggia calcio è stato molto vicino alle popolazioni di Umbria e Marche
I come Iemmello. Il bomber da 40 gol in una singola stagione, il metro di paragone per ognuno degli attaccanti accostati da luglio in poi al Foggia. Foggia non ha dimenticato Re Pietro e Re Pietro, da parte sua, non ha dimenticato Foggia. Ecco perché, malgrado la serie A con il Sassuolo, lui in rossonero tornerebbe di corsa
J come Jolly. Per tutti, semplicemente Alberto Gerbo. Dove lo metti gioca, dove lo impieghi è comunque tra i migliori. Il suo “giardino di casa” è il centrocampo ma anche le esibizioni da laterale hanno sempre raccolto applausi e pagelle alte. Il turn over lo ha spesso riguardato, ma l’affetto dei tifosi lo ha sempre ripagato
K come Kaká. In comune con il Foggia ha solo il fatto di aver vestito una maglia con il diavolo rossonero. In realtà, tra i satanelli, c’è uno che al brasiliano – come movenze, per carità, nessun paragone irriverente – assomiglia tanto. Si chiama Francesco Deli: quando parte, Ciccio è “poetry in motion”, poesia in movimento. Come Kaká…
L come Loiacono. Dalle notti bifernine di Termoli ai pomeriggi assolati di Fondi, c’è un minimo comun denominatore nella storia recente del Foggia: si chiama Giuseppe Loiacono. Che poi di minimo ha ben poco. Perché Peppe dà sempre il massimo. Pure quest’anno, quando è stato chiamato a sostituire un artista della fascia come Angelo

M come Mazzeo. Fabio Mazzeo, da 10 in pagella. Ma 10 con lode… E se fossimo all’università, laurea con 110 e lode e bacio accademico. Lui, in fondo, è stato il docente di una cattedra di prestigio assoluto, quella della sapienza calcistica. E tanto per oscurare pure Re Pietro, ha segnato 19 gol (sinora), uno più prezioso dell’altro
N come Nazione foggiana. Perché quella fiumana di gente che si è riversata nelle strade della città per festeggiare la promozione non è semplicemente una tifoseria impazzita di gioia. È una nazione. Che – a chi vi scrive – ha ricordato un’altra nazione rossonera. Quella brasiliana del Flamengo. Un mito contro cui il Foggia riuscì pure a misurarsi…
O come Ottantuno punti. Tanti quanti ne sono serviti ai satanelli per approdare in serie B. Una media punti da fantascienza, 2.25 a partita, una media che sancisce un’impresa epica che rimarrà per sempre vergata nella memoria e nei libri di scuola degli studenti in maglia rossonera
P come Padalino. Un pezzo di promozione è pure sua, in fondo. Ripartì da zero nel 2012 in un momento in cui non c’era “(…) niente, nemmeno i palloni” e per uno scherzo del destino è stato lui quest’anno ad opporre con il suo Lecce la più fiera resistenza allo strapotere del Foggia di Stroppa
Q come Quinto. Marcello, altro prodotto della casa, altro ragazzo che ha messo cuore e passione in uno spogliatoio frequentato sino a gennaio, quando ha deciso di andare al Lumezzane. Nel saluto al compagno Vacca e idealmente all’intera squadra c’è tutto il suo amore per Foggia: “Corona il mio e il tuo sogno, porta il Foggia in B”
R come Rigori. Anche quest’anno una sofferenza, da Mazzeo a Letizia, il terrore che scorre nelle vene del satanello quando l’arbitro indica il dischetto. Sino a Melfi, al penalty di Alessandro De Vena. La legge del contrappasso che si compie e un calcio di rigore sbagliato finalmente benedetto dall’alto
S come Sarno. Vincenzo, uno che ha movimenti da categoria superiore, secondo il pensiero di Stroppa. La sua è stata una stagione travagliata ma il suo contributo non è mancato. E in quel ruolo da centravanti che il mister gli ha ritagliato in assenza di Mazzeo ha realizzato uno dei gol svolta del torneo, ovvero quello del sorpasso a Melfi
T come Tamma. Lo sponsor, l’espressione di un brand di successo che trascina un altro marchio verso il successo. Ma Tamma vuol dire Sannella, la società, quella fatta con i fratelli Curci, quella composta da tanta gente (citiamo per tutti il DS Di Bari) che hanno contribuito a trasformare un sogno in realtà
U come Unione. Quella Sportiva, a lungo denominazione sociale del club. Ma soprattutto quella in campo e nello spogliatoio, che alla fine ha fatto la differenza. Una formazione compattata dall’allenatore Stroppa e dal capitano Agnelli. Una prova “provata” che certifica l’assioma seconda cui davvero “l’unione fa la forza”

V come Vacca. Antonio Junior 5, l’idolo assoluto di tutte le ragazzine foggiane, che ne salutano ogni pubblica apparizione con gridolini vagamente isterici. Un “cult” social, un fenomeno in campo. La mente di Stroppa sul terreno di gioco. Uno che a Foggia, non dimentichiamolo, ha fatto una gran figura pure da portiere…
W come Wins. Vittorie, tante tantissime. Record su record. Vittorie totali, 24 (sinora); vittorie di fila (10). E poi numeri da fantascienza: vittorie in casa 14, le ultime 8 consecutive, una striscia da allungare con il Melfi; vittorie fuori casa, già 10, nel mirino l’ultima di Cosenza. E «W» come Winner. And the winner is FOGGIA CALCIO
X come segno «X». I pareggi, quelli che a metà del girone di andata sembravano aver mortificato le ambizioni promozione dei rossoneri, ma che al contrario si sono rivelati fondamentali per mantenere la squadra in scia sino al momento in cui sono state innestate le marce alte
Y come Year. In italiano “anno”. Il 2017, l’anno domini. Quello del romanzo epico finale. Iniziato con la presentazione del “Toto” Faber, oggetto misterioso e sfortunato del mercato di gennaio, ma caratterizzato da una cavalcata impressionante, da Vibo Valentia sino a Fondi. Con un unico obiettivo: “Andiamo andiamo andiamo a vincere”…
Z come Zaccheria. Il tempio della foggianità, là dove si esprime compiutamente l’amore viscerale della città per la sua squadra. Il teatro dei sogni, ma soprattutto il luogo dove “(…) io ti sosterrò, fino al 90°. Tutto quello che ti chiedo è di giocare con il cuor”. Perché in fondo, il Foggia è appena e inevitabilmente una semplice questione di CUORE