Quello che va in scena ogni fine settimana con il pallone che rotola sul manto erboso è la conseguenza di un lavoro che inizia dal martedì alla ripresa degli allenamenti per concludersi con il calcio d’inizio. Cosa c’è dietro oltre agli allenamenti e alle partite? Quanta fatica c’è all’infuori del rettangolo di gioco. TuttoLegaPro.com ha voluto vedere oltre, andando oltre la cronaca dei novanta minuti, cercando di conoscere come si struttura un club in un campionato difficile come è la Lega Pro unica.
Prendiamo ad esempio il Melfi: da tredici anni nei professionisti, raramente ha rischiato di tornare nei dilettanti, togliendosi soddisfazioni enormi per una cittadina di poco più di sedicimila abitanti: è già storia.
Giuseppe Maglione, presidente del sodalizio lucano, melfitano di nascita e tifosissimo gialloverde, si è messo a disposizione per questa intervista esclusiva ai nostri microfoni, raccontandoci proprio le difficoltà di un miracolo chiamato Melfi che ancora lo appassiona. In fondo il calcio è un modo per tornare bambini, rimanendo adulti.
Presidente, un ottimo pareggio in casa di una diretta concorrente per la salvezza.
“E’ un punto che accettiamo con soddisfazione parziale. Per le occasioni che abbiamo avuto, forse il pareggio alla fine ci sta stretto. Prendiamo comunque il buono che viene non solo dalla prestazione della squadra, ma da un’inversione di tendenza che serviva dopo gli ultimi risultati negativi”.
Un punto in trasferta può tornare utile per quella politica dei piccoli passi che seppure vige la regola dei tre punti, non va mai in pensione. In special modo in un girone così impegnativo.
“Questo è uno dei campionati più difficili degli ultimi anni e la cosa viene palesemente alla luce nel vedere i risultati che vengono fuori giornata dopo giornata. Non ci sono squadre ammazza campionato e allo stesso tempo non ci sono compagini che lasciano punti a tutti. Bisogna lottare domenica dopo domenica. E’ chiaro che noi, come piccola realtà dover competere contro squadre dal parco giocatori importante diventa difficile, ma ci proviamo, cercando di non mollare mai”.
Ogni anno vi danno per spacciati: alla fine riuscite sempre ad essere ai nastri di partenza del nuovo campionato.
“Ogni anno ci barcameniamo fino all’ultimo giorno per rispettare i paletti e gli step che servono per l’iscrizione. Alla base di tutto c’è in primis tanta passione, tanto amore per questa realtà, per la città di Melfi. In un paese come il nostro di appena sedicimila abitanti, il calcio non diventa più soltanto un evento sportivo a se stante, ma proprio un fenomeno sociale e culturale, In una città come Melfi dove non c’è una sala cinematografica e c’è un solo teatro da centocinquanta posti, dove non ci sono grandi svaghi e punti di ritrovo importanti, lo stadio diventa un luogo di aggregazione. Vedi tutti questi bambini, le donne, le famiglie: è bello vedere tutta questa gente festante con le bandiere. La squadra di calcio rappresenta un punto di orgoglio, un vanto, un fiore all’occhiello: un rialzare la testa anche nei confronti delle realtà e dei capoluoghi più importanti e blasonati. E’ portare con orgoglio il nome di una piccola città, al di fuori dei confini della regione, in una vetrina importante come è il campionato di Lega Pro.
Le difficoltà ci sono: la nostra società è composta da un gruppo di pochi amici che da ormai tredici anni portano avanti questo club. Ogni anno abbiamo difficoltà a reperire uno sponsor – negli ultimi due anni non l’abbiamo avuto -, con la difficoltà di riuscire ad allargare l’ambito societario a nuovi soci. Da una parte il bacino di utenza è molto piccolo, quindi anche il tessuto sociale e imprenditoriale si restringe. Se poi vogliamo parlare al di fuori della regione, è normale che un imprenditorie se vuole investire lo fa in una realtà più grande, più blasonata con un numero di spettatori, con bacini di utenza rilevanti: noi purtroppo paghiamo questo scotto sia dentro che fuori la regione, divenendo ogni volta più difficile reperire le risorse per un campionato intero”.
Può bastare la passione?
“La passione non basta: ci vogliono forze e risorse, non solo emotive, ma soprattutto economiche. Noi come Melfi portiamo avanti da anni il progetto giovani, con una programmazione ormai affinata dove inseriamo tanti ragazzi provenienti da club di serie maggiore. Quello che stiamo cercando di portare avanti non è tanto un progetto calcio basato su un ambito prettamente sportivo, ma cercando di insegnare quei valori che in un momento come questo vengono fuori prepotentemente. Cerchiamo nel nostro piccolo di andare oltre la commercializzazione dei calciatori, i diritti televisivi: abbiamo a cuore lo spirito agonistico di una competizione tra due società, cercando di tenere alto il vessillo di un sano divertimento. E’ un fiore all’occhiello di una società che ci tiene a questi valori, da rappresentare all’esterno”.
Quest’anno le regole sui giovani sono cambiate.
“Le rose composte da massimo ventiquattro giocatori – con gli under che sono dai cinque ai dieci per rosa – ha comportato dei piccoli scompensi che stiamo cercando di ovviare. Andando a guardare tutte le realtà che compongono la Lega Pro, noi siamo forse l’unica società dove i giovani non vengono a fare numero, ma giocano. Anche sabato scorso abbiamo giocato a Martina con dei ’95, ’96. Questa dovrebbe essere la politica della Lega Pro: la valorizzazione dei giovani. Se li teniamo in rosa ma non giocano – pretendendo che ci venga pagata la valorizzazione -, si corre il rischio che il prossimo anno un club di serie maggiore prima di darlo in prestito ad una società di Lega Pro, ci pensa due volte. In questo modo si perde il motivo portante di questo campionato. A meno che…”.
A meno che?
“Non si voglia fare di questo campionato una piccola elite dove possano giocare solo società di capoluoghi importanti e tutto il resto dovrebbe diventare dilettantismo. Non sono d’accordo su questo, perché la maggior parte dei club che militano in Lega Pro sono dei centri medio bassi, quindi mi sembra giusto tutelare e portare avanti questa politica dei giovani. Rimane il rammarico per quello che poteva essere ma non sarà, però nonostante questo noi andiamo avanti contro tutto e tutti, facendo giocare i giovani. Al di là degli ideali, è anche un discorso puramente economico: se prima il minutaggio veniva retribuito in maniera diversa, anche in base a quanti ragazzi facevi giocare, ora è tutto diverso. Se una società decide di investire su dieci ragazzi, ma ne fa giocare due, tre, prende gli stessi soldi di chi come noi investe realmente sulla loro valorizzazione. Non mi sembra una cosa molto giusta”.
Il problema maggiore per una società come il Melfi è il reperimento dei fondi.
“Il nostro budget, nonostante i contributi che prendiamo dalla Lega e quelli che possono venire da prestazioni pubblicitarie, ci fa rimanere fuori di almeno un 30% che non riusciamo a coprire. Così ogni anno dobbiamo fare dei ripianamenti, dei rifinanziamenti dei soci, per mettere in pari i conti e iscriverci l’anno successivo. Inutile dire che il nostro bilancio non si può mai chiudere in pareggio per via di queste difficoltà”.
Siete stati per anni l’unica società professionistica in una regione che ha visto spesso Matera e Potenza sugli scudi. Questo ha spinto imprenditori locali ad avvicinarsi alla vostra realtà?
“Come succede in tutte le realtà, anche nella nostra regione, c’è una sorta di campanilismo che strozza qualunque iniziativa volta a uscire fuori da certe logiche: Potenza e Matera non si sono mai amate, così per un imprenditorie è difficile avvicinarsi ad una società come il Melfi. Molti preferiscono fare campionati come l’Eccellenza o la Serie D, come il Picerno, il Francavilla stesso, realtà belle della nostra regione che puntano singolarmente a fare qualcosa. E’ difficile aggregarsi: ho provato negli anni scorsi ad avvicinare il territorio tramite un lavoro fatto con le amministrazioni comunali, unendo più paesi vicini, in un’unica realtà del vulture melfese. In questo modo si sarebbe fatta la Lega Pro a Melfi e nei paesi limitrofi mandare le squadre giovanili in modo da dare una vetrina importante anche a loro.
Come ben sapete, noi facciamo anche tre campionati nazionali, giocando contro squadre come la Lazio, la Roma, il Napoli, il Lecce, il Bari. Questa aggregazione poteva unire le varie realtà del comprensorio. Il campanilismo non ha permesso questo, ed ecco che noi, più esperti ed uniti in questo ambito siamo riusciti a resistere: questo è il tredicesimo anno consecutivo in Lega Pro. Ci sentiamo un po’ un Davide contro tanti Golia, però bisogna lottare lo stesso”.
Vi hanno mai proposto la fusione con Matera o Potenza?
“E’ successo in passato di parlare di un’ipotesi simile, ma si ritorna al discorso del campanilismo che non permette di superare certe resistenze. Potenza dista da Melfi cinquanta chilometri e questo potrebbe essere un motivo per unirsi, ma anche lì, dopo anni di ottima serie C, hanno preferito rimanere nel limbo tra serie D ed Eccellenza, sempre per lo stesso motivo: non riuscire ad unire gruppi imprenditoriali. Se pensa che non ci riescono in una realtà come Potenza, che per bacino d’utenza e pubblico che va a vedere la partita, si potrebbe realizzare qualcosa di importante, si figuri se si riesce a riunirli in una società come il Melfi”.
Tra gli altri problemi, c’è anche la logistica per tutti i giocatori, dalla prima squadra alle giovanili.
“Tra le spese che abbiamo in bilancio, tante si trovano alla voce logistica per vitto e alloggio dei calciatori. Trovandoci in una realtà molto piccola, sei costretto a tenere i giocatori tutti sul posto: non hai un comprensorio capace di poterli ospitare, come ad esempio la Campania e la stessa Puglia: questo ci taglia fuori da certi circuiti. Nonostante questo, abbiamo una foresteria, degli appartamenti, un ristorante. Abbiamo un’ulteriore foresteria per il settore giovanile: tutto diventa oneroso. C’è anche un problema di strutture, avendo un solo campo in erba dove ci alleniamo e non possiamo neanche farlo tutti i giorni perché d’inverno quando piove dobbiamo migrare nei paesi vicini, dove ci sono campi in terra battuta o sintetico. La stessa cosa dicasi per il settore giovanile, che deve girare i campi della zona per giocare, non potendolo fare a Melfi.
Questo rende tutto più difficile, anche se alla fine è importante tenere insieme questi ragazzi, che girano intorno a questo fenomeno chiamato Melfi, che non deve essere vissuto solo come realtà sportiva, ma motivo per crescere, una palestra di vita: facendo del calcio una scuola, dove imparare a rispettare la figura dell’allenatore, da questo a cascata passando per i compagni, gli insegnanti e la famiglia. Progetto bello sulla carta ma difficile da portare avanti: devi comunque mettere a disposizione delle figure capaci di relazionarsi con loro per educarli e questo comporta altro dispendio di risorse: lo facciamo volentieri proprio in virtù di questo progetto giovani che stiamo portando avanti da anni.
Molti di questi ragazzi della Berretti stessa sono ormai in pianta stabile nei 24 della prima squadra. Un progetto che ha portato in questi ultimi tempi il gruppo Cerruti – leader nelle energie rinnovabili – ad avvicinarsi al nostro club, non tanto come forma di business, ma come condivisione dei nostri ideali che intendiamo trasmettere a chi viene a giocare nel Melfi. Questo ci inorgoglisce perché significa che il terreno tracciato può portare dei frutti importanti. Finalmente c’è qualcuno che non vede il calcio solo come numeri, conti, soldi, dare e avere, costi e ricavi, ma è fatto anche di valori diversi”.
Rimaniamo sul tema della logistica: per un calciatore accettare la destinazione Melfi non sempre è semplice. Come diceva bene lei poc’anzi, la Basilicata è tagliata fuori da certi circuiti e questo comporta anche la difficoltà in alcuni calciatori a venire nella vostra città…
“Condivido questo pensiero, però siamo riusciti in tutti questi anni a costruirci una credibilità fatta di utilizzo dei giovani che vengono dalle squadre di serie maggiore. Questo ha comportato da parte di queste ultime a vedere Melfi come un punto di riferimento per la crescita dei propri ragazzi, così invece di mandare un ragazzo ad un club vicino, hanno iniziato a vederci come un club strutturato e utile al proprio obiettivo: i giocatori delle squadre di A e B che vengono a Melfi, giocano, non fanno numero. Alla lunga questo fa la differenza”.
Dopo venti anni di presidenza, cosa rappresenta per lei il Melfi?
“E’ una sorta di odio-amore che non riesci a viverci senza. Al di là delle soddisfazioni che ci siamo tolti in questi anni, c’è quell’emozione e quell’adrenalina che ti entra dentro anche quando le cose non vanno bene. La nostra realtà ci ha portato ad avere un equilibrio che ci porta a vivere tutto in una certa maniera, senza esaltarci troppo e allo stesso tempo senza deprimerci. Anche prima della partita con il Martina si è fatto un bel confronto con lo staff tecnico e la squadra stessa: una tendenza al cambiamento c’è stata con la squadra che ha giocato, mettendoci il cuore.
Questo è uno dei punti d’orgoglio della nostra società. Questa passione comporta anche il non vivere come vorrei la mia famiglia che in questi venti anni difficilmente mi ha visto a casa la domenica. Il Melfi ormai lo vivo come una valvola di sfogo che mi fa stare bene: c’è poi l’aspetto umano della vicenda. La gente che ti ringrazia, che ti sorride. Si vive anche di questo: di riconoscenza, stima, affetto”.
Si sente un pesce fuor d’acqua con questa sua visione un po’ romantica del calcio?
“Mi rendo conto che forse questo calcio di adesso, non è più quello che mi aveva spinto ad abbracciare questo progetto. Se guardiamo gli scandali, dalla vicenda dei diritti televisivi, fino a scendere a quello del calcioscommesse, ti rendi conto che non è più il calcio che ho amato. Fa più notizia un’intercettazione di due pseudo personaggi che gestivano queste scommesse. C’era la partita Melfi-Barletta: uno dei due chiede se a Melfi si potesse fare qualcosa per ammorbidire le cose, l’altro gli ha detto che a Melfi certe cose non le fanno. Vado orgoglioso di questo e ti dà la carica e lo stimolo per andare avanti. Non so fino a quanto dureremo”.
Ha avuto qualche volta l’intenzione di mollare?
“Si, è capitato. Penso sia umano. Come temperamento sono abituato a lottare – non per niente il mio segno zodiacale è il leone -, ogni sconfitta mi dà lo stimolo a fare meglio. C’è il problema ogni anno quando finisce il campionato di iniziare la corsa contro il tempo per l’iscrizione: in quei momenti ci sono quelle difficoltà che ti portano a pensare se ce la farai. Alla fine vuoi non vuoi ci riusciamo sempre perché questo fenomeno Melfi sarebbe un vero peccato vederlo finire nuovamente nei campionati regionali. Dispiacerebbe soprattutto per la gente – tanta o poca che sia – che ha visto in questa squadra un motivo per stare insieme. Credo che alla fine questo sia un sogno che stiamo provando a realizzare, cercando di salvarci anche quest’anno”.
Nel suo profilo di whatsapp lei ha inserito questa frase: “Vorrei che il vento della vita soffi forte alle nostre spalle, portandoci a realizzare tutti i nostri sogni”. Uno potrebbe essere in un futuro neanche tanto remoto la serie B. Voi siete partiti dall’Eccellenza nel 2005, siete finiti in D, per poi fare prima la C2, in seguito la Seconda Divisione di Lega Pro ed ora da due anni siete nella Lega Pro unica.
“Strada facendo abbiamo costruito le basi per un salto di qualità che prima si chiamava C2 ora è la Lega Pro unica. La serie B rimane un sogno, però come dico nel mio profilo, speriamo che arrivi un vento fortissimo. Basta che non sia un tornado che distrugga tutto”.
Anni fa lo scrittore americano Joe McGinnis scrisse un libro sul miracolo Castel di Sangro. Forse qualche scrittore, attratto da questa intervista potrebbe pensare di farne un libro.
“Non sarebbe una cattiva idea. Per il momento ci sono stati dei libri di autori locali, l’ultimo sulla vittoria del campionato di serie D che ci portò in C2. Certo, a Castel di Sangro in quegli anni c’erano imprenditori laziali dietro quel piccolo miracolo. Noi siamo ancora molto piccoli. Adesso vediamo, con l’aiuto di questo gruppo Cerruti, potrebbe consolidarsi ulteriormente la società”.
fonte: tuttolegapro