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3 Dicembre 2023
Foggia Calcio

Passiatore e il difficile ruolo dell’allenatore: “De Zerbi supererà questo momento”

Alle volte, fermandosi a riflettere, ci si accorge che il calcio è lo sport degli estremi, dove tra gioia e dolore c’è una sottile differenza: quella la fa il gol. Senza questo mezzo per chiudere l’equilibrio o ampliare il divario, non saremo milioni di persone nel mondo in attesa di quel momento.

Francesco Passiatore nella sua carriera è stato uno degli artefici di quel “momento”. Il fatto di giocare da attaccante ne favoriva il ruolo di “rottura” di un equilibrio instabile: 85 gol sparsi nelle varie esperienze in giro per lo stivale italico alla costante ricerca di un gol per regalare gioia e allo stesso tempo trasmettere tristezza in chi lo subìva. Lo sport nella sua interezza è crudo: un vincitore e un vinto.

Ora gli scarpini sono stati sostituiti da più comode scarpe da ginnastica per poter meglio scaricare la tensione che il ruolo di allenatore richiede. Quella tensione che non deve mai divenire negativa, perché una dote di un tecnico è la lucidità. Provare ad anticipare con una soluzione tattica o una sostituzione, ciò che potrebbe avvenire per far si che provochi un vantaggio a favore.

Essere allenatori oggi rispetto al passato richiede una competenza mai fine a se stessa e con l’ex tecnico del Monopoli nella passata stagione, abbiamo analizzato in questa intervista esclusiva concessa ai microfoni di TuttoLegaPro.com proprio le difficoltà che questo ruolo richiede. Cercando di conoscere le sfumature di un dettaglio che può rivelarsi spesso decisivo.

Partiamo dalla stretta attualità: settimana scorsa Beppe Scienza ad Alessandria, in queste ore Davide Dionigi a Matera. E’ sempre vostra la responsabilità se le cose vanno male?

“Il nostro è un lavoro difficile. Noi che abbiamo scelto di fare questo, siamo consapevoli a cosa andiamo incontro. Se vogliamo parlare di responsabilità o meno, bisognerebbe entrare nel dettaglio, vivere la situazione per poi capire come stanno realmente le cose”.

E’ un malcostume tutto italiano.

“E’ una cosa un po’ particolare che si è venuta a creare nell’ultimo periodo. Si è scatenato un meccanismo che mi sembra difficile da fermare. Il problema fondamentalmente è un altro: le squadre sono sempre meno, gli allenatori invece sono tanti. La concorrenza può indurre una società ad avere un pensiero diverso rispetto ad inizio stagione, quando i risultati non arrivano”.

A Foggia c’è De Zerbi che è stato messo in discussione.

“Quando alleni in una piazza importante come Foggia, le pressioni che vivi sono tante e se non ottieni i risultati, entri nell’occhio della critica. Nel caso specifico dei rossoneri, per come avevano concluso lo scorso campionato, un po’ tutti si aspettavano una partenza in linea con il finale di stagione. Penso che alla fine il Foggia potrá uscire fuori benissimo da questo momento”.

Mister, sta seguendo il campionato di Lega Pro?

“Sul campo ho visto il Lecce, il Monopoli, il Benevento, l’Andria, il Foggia, il Matera. Con la possibilità di vedere tutte le partite tramite sportube su internet, sto iniziando a seguire anche i gironi A e B. Nel calcio come ben sapete non si sa mai e bisogna aggiornarsi costantemente”.

C’è una squadra che l’ha colpita?

“Il Catania è sicuramente la più forte. Ho avuto modo di vederla a Monopoli e a Lecce: è una compagine che ha quel desiderio di riscatto che deriva dalle note vicende degli ultimi mesi. Inoltre è una rosa composta da gente di categoria”.

Cosa è mancato per la prosecuzione del rapporto con il Monopoli?

“L’anno scorso a Monopoli si è voluto iniziare un nuovo percorso, a seguito del fatto che negli ultimi anni la società aveva investito molto, c’era un’idea di ridimensionamento dei costi e del budget per la stagione, portando a conclusione un campionato di transizione, gettando una base per iniziare a lavorare per il futuro. Ad un certo punto del campionato, regolamento alla mano, abbiamo intravisto nella Coppa Italia una possibilità che poteva portarci ad ottenere qualcosa di importante. Questa riflessione è nata anche dal fatto che, come organico, non potevamo competere per la vittoria del campionato. Il percorso compiuto ci ha portato a vincere la Coppa Italia, disputando le semifinali play off e la finale contro il Sestri Levante. Alla fine il Monopoli è tornato in Lega Pro, vista la rinuncia dei liguri”.

Cosa è successo dopo?

“L’ultimo mese di campionato stavo iniziando a parlare di programmi con la società ed è venuto fuori il fondo perduto di 500 mila euro richiesto dalla Federazione, che ha un po’ tarpato le ali alla società. Presi dallo sconforto, pronti a disputare un campionato di serie D a fari spenti, i dirigenti di comune accordo hanno pensato di ridimensionare ulteriormente per questa stagione e parlandone con me, siamo giunti alla conclusione che il rapporto tra di noi dovesse concludersi lì. In seguito è venuto fuori il tema della riammissione del Monopoli nei professionisti, ma ormai i giochi erano fatti. Diciamo che sono stato anche sfortunato”.

Parlando del vostro ruolo: una delle basi su cui lavorate è l’atteggiamento che deve tenere la squadra in campo. Dopo questa caratteristica, cos’altro occorre?

“Per come vivo il ruolo dell’allenatore, credo che bisogna partire da questi tre principi cardine: lealtà, correttezza, campo. La lealtà, in quello che si fa. Sono abituato a parlare in maniera molto chiara e fare le scelte migliori per la squadra. Correttezza, credo sia fondamentale. Esserlo con tutti. Infine il campo: il giudice supremo è sempre lui. Quando c’è lealtà, correttezza e il giusto atteggiamento, hai una base importante su cui partire. Se riesci a creare nel gruppo la giusta empatia con queste basi, hai già fatto un ottimo lavoro, arrivando a giocartela con tutti”.

Lei ha avuto modo di lavorare nei settori giovanili di Taranto (allenando la Berretti, ndr) e Bari (gli Allievi), dove il lavoro rispetto ad una prima squadra è diverso. Se nei settori giovanili devi in un certo senso plasmare e formare il calciatore, in uno spogliatoio di una squadra di club hai già dei giocatori formati. Qual è la prima cosa che deve fare un allenatore in questi casi?

“Ti dirò che ho avuto la fortuna di fare una gavetta importante, partendo proprio dai settori giovanili: esperienza che mi ha aiutato molto nella mia crescita professionale. Ho avuto la fortuna di lavorare con Guido Angelozzi a Bari, dove ho avuto la possibilità di allenare gli Allievi che ho poi seguito anche nella Primavera, proseguendo quel percorso intrapreso l’anno prima. Venendo alla tua domanda, quando sono arrivato a Monopoli in D la scorsa stagione, c’era un mix di giovani e giocatori esperti, quindi la prima cosa che si fa in questi casi è lavorare sulla testa dei ragazzi”.

Lei predilige come moduli di gioco il 3-4-3 e il 4-4-2 che sembrano darle un maggiore equilibrio.

“Nel corso del tempo aggiornandomi ho avuto modo di lavorare anche su altri moduli come il 4-3-3 che ho utilizzato lo scorso anno a Monopoli. Alla fine credo che i moduli debbano essere studiati in base alle caratteristiche dei giocatori che si ha in squadra”.

La differenza può farla l’allenatore o i giocatori che ha in rosa?

“In una squadra la differenza la fanno i giocatori. Un allenatore per quanto bravo deve comunque cercare di adattarsi agli elementi che ha. Il mio pensiero principale è quello di far stare bene i giocatori in campo, dandogli la possibilità di esprimersi al meglio”.

fonte: tuttolegapro

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