–
Per una volta, a TuttoLegaPro.com, abbiamo scelto l’eccezione alla regola: niente domande standard sul calcio. E non poteva essere altrimenti, visto il personaggio intervistato. Un presidente sui generis, fuori dalle righe, inimitabile: scegliete voi. Stiamo parlando di Brunello Cucinelli, numero uno del Castel Rigone, la squadra più “piccola” del professionismo italiano . Uno degli imprenditori più ricchi d’Italia, famoso non solo per essere il re mondiale del cashmere, ma anche per il suo impegno sociale ed etico. Grande amante della filosofia, siamo riusciti a rintracciarlo in uno dei suoi numerosi viaggi all’estero.
Il suo modello lavorativo, nel settore tessile, l’ha definito un “capitalismo etico”. E’ una metodologia applicabile anche nel calcio?
“Due frasi mi risuonano spesso nella mente: ‘Due cose mi emozionano in un modo particolare: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me’. In questa annotazione del grande filosofo Kant ho ritrovato gli ammonimenti di mio padre, quando a casa mi diceva spesso: ‘Devi essere una persona perbene. Mi raccomando, cerca di mantenere la parola che hai dato’. Sono convinto che come nel mio lavoro, anche in tutti gli ambiti della nostra vita possano essere portati avanti principi simili”.
Come mai ha deciso di entrare nel mondo del pallone? Visti i numerosi scandali negli ultimi anni non aveva pensato a un altro sport?
“Il calcio è l’Italia; il calcio siamo noi e la nostra cultura. Mi ricordo sin da ragazzo quando appena avevamo un momento il nostro obiettivo era unicamente dare calci ad un pallone, non avrei potuto trasformare la mia passione per un altro sport. Ancora oggi amo ancora fare la partitella con i miei amici “sessantenni” dopo il lavoro”.
E’ molto spesso in giro per lavoro e si interessa anche di politica. In che modo riesce a trovare il tempo per seguire il Castel Rigone?
“Credo che dobbiamo tornare a vivere in maniera “normale”, riprenderci i nostri spazi e le nostre sane e quotidiane abitudini; è vero che per lavoro sono costretto a viaggiare quasi 3 mesi l’anno, ma quando sono a casa, qui a Solomeo, mi piace dedicare tempo anche ad altro oltre che al lavoro. Naturalmente per far questo si deve essere concentrati; dico sempre ai miei collaboratori che occorre essere rapidi perché solo così riusciremo a continuare ad essere contemporanei, competitivi”.
Avete esonerato in questi due anni Federico Giunti e Marco Di Loreto a prescindere dai risultati. Significa che la “filosofia” conta più del campo?
“Crediamo che la strategia che si è condivisa e la linea che si è studiata insieme ad inizio stagione, vadano portate avanti con coerenza fino al termine del campionato. Abbiamo avuto divergenze nelle vedute di questa filosofia condivisa ed abbiamo deciso di intraprendere strade diverse. Non vorrei però tornare sopra a questi argomenti. Sappiamo che in una squadra di calcio, esistono gli esoneri e che può succedere, senza farne un dramma”.
Se avesse la bacchetta magica cosa cambierebbe in Lega Pro, sia in concreto che in astratto?
“Mi piacerebbe parlare più in generale, piuttosto che solo di Lega Pro. Vorrei un calcio “più garbato” in cui i genitori dei ragazzi delle giovanili non tifino “contro” o incitino i propri figli a fare “falli di gioco”. Mi piacerebbe vedere esultanze composte da parte dei calciatori, e mi piacerebbe che tutti, i giocatori, gli allenatori e i dirigenti sappiano perdere con dignità e accettare la sconfitta o vincere con onore senza infierire sull’avversario. Ed infine, mi piacerebbe un calcio senza barriere, in cui le famiglie possano tornare a vedere una partita senza la paura di portare i propri figli allo stadio”.
Quesito di etica applicata: Inghilterra-Argentina, Mondiali ’86, Maradona e l’episodio della “mano di Dio”. Se fosse stato al posto del Pibe de Oro avrebbe fatto annullare il gol?
“Io lo avrei fatto annullare. Però in quel caso c’è da capire il personaggio Maradona. Un autentico campione, genio e sregolatezza. Con le sue giocate deliziose e le emozioni che ha regalato agli amanti del bel calcio, gli si perdona tutto”.
Ha dichiarato che Marco Aurelio è il suo filosofo preferito. Quale frase dell’imperatore le piacerebbe venisse interiorizzata dai suoi giocatori?
“Marco Aurelio è vero, è uno dei miei grandi maestri. Ricordo con piacere la frase che dissi ai ragazzi prima di scendere in campo lo scorso anno prima dell’ultima partita di serie D che dovevamo vincere per poter salire in Lega Pro, presa in prestito proprio da Marco Aurelio: “domani Roma, ha bisogno di voi per vincere la battaglia”… Credo di averli caricati a dovere con queste parole”.
Baratterebbe la Laurea honoris causa per vedere il Castel Rigone in Serie A?
“In tutta sincerità no. La Laurea che mi ha conferito l’Università di Perugia è stato un qualcosa che non si può spiegare. Perugia è la mia città, mio padre, la mia famiglia, i miei amici e collaboratori di una vita erano tutti riuniti intorno a me in quel giorno. È stata un’emozioni indescrivibile”.
Un tempo si allenava con la squadra, sappiamo che ama mantenersi in forma e giocare con i dirigenti al “San Bartolomeo”. Non ha mai pensato a tesserarsi e debuttare tra i professionisti in maniera simbolica?
“Mi piace allenarmi ancora con i miei amici “sessantenni” dopo il lavoro ma il calcio vero, giocato è tutta un’altra cosa. Lasciamo che siano i ragazzi i veri protagonisti sul campo”.
fonte: tuttolegapro
–