– Ciao a tutti, prosegue la serie positiva del Foggia, all’ottavo risultato utile consecutivo, anche dopo il pareggio di Caserta. Il match tra i satanelli e i rossoblu campani si è concluso con uno scialbo 0-0, ravvivato da qualche emozione nel finale.
Nel nostro viaggio “A spasso nel tempo” ci tocca quindi rievocare uno 0-0, un altrettanto noioso 0-0, per quanto possa essere noiosa una finale di Coppa dei Campioni. Andiamo a Siviglia, nel 1986, per la sfida tra il Barcellona e la Steaua Bucarest.
“Eroul de Sevilla” significa “eroe di Siviglia” in rumeno ed è il soprannome che si è guadagnato la sera del 7 maggio 1986 un anonimo e baffuto portiere. Ma andiamo con ordine…
La stagione 1985-86, per l’Europa pallonara, rappresenta un nuovo inizio. La finale di Coppa dei Campioni dell’anno precedente, disputata il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, ha visto la Juventus sconfiggere il Liverpool 1-0, ma sarà ricordata per sempre come una delle più grandi tragedie nella storia del calcio, con la morte di 39 tifosi causata dalla follia degli hooligans britannici.
A seguito di quell’evento le squadre inglesi furono escluse a tempo indeterminato dalle competizioni continentali e così l’Everton, campione d’Inghilterra, non poté prendere parte alla successiva Coppa dei Campioni. Ciononostante ad essere favorito era ancora il blocco occidentale, con il Bayern Monaco di Rummenigge e Matthaus, i campioni olandesi dell’Ajax, il Barcellona e ben 2 squadre italiane: la Juventus campione in carica e il sorprendente Verona scudettato di Bagnoli. Ed in effetti il Barcellona raggiunge la finale eliminando Sparta Praga, Porto, Juventus (che a sua volta aveva vinto il derby italiano contro l’Hellas) e Goteborg con una clamorosa rimonta in semifinale dopo aver perso 3-0 in terra svedese. I catalani sono guidati dall’allenatore inglese Terry Venables e hanno nel tedesco Schuster il perno del proprio gioco.
Dall’altra parte del tabellone, invece, arriva in finale una squadra rappresentante del blocco orientale; non accadeva dalla finale persa dal Partizan Belgrado 20 anni prima. In finale, nel 1986, ci va la Steaua Bucarest, per la prima volta all’atto conclusivo di una manifestazione europea. I rumeni hanno in Belodedici il proprio leader difensivo e presentano alcune individualità di spicco come Piturca (attuale allenatore della nazionale), l’ungherese Boloni e Lacatus (che calcherà i campi italiani con la maglia della Fiorentina); in quella stessa stagione aveva esordito in prima squadra il 17enne Dan Petrescu mentre l’anno successivo sarebbe arrivato Gheorghe Hagi, il “Maradona dei Carpazi”. Ma nel 1986 la Steaua è soltanto la squadra del Ministero della Difesa rumeno, reduce da gravi problemi economici e guidata dal 49enne Emerich Jenei; raggiunge la finale anche a grazie a sorteggi fortunati che le consentono di affrontare i danesi del Vejle, gli ungheresi dell’Honved e i finlandesi del Kuusysi Lahti, prima di prevalere in semifinale sull’emergente Anderlecht del giovane Vincenzo Scifo.
La sera del 7 maggio 1986 l’ovvia favorita è quindi proprio il Barcellona, anche perché la sede designata per la finale è lo stadio Ramon Sanchez Pizjuan di Siviglia, gremito di 65.000 tifosi blaugrana con una sparuta minoranza rumena a causa delle restrizioni all’espatrio imposte dal regime dittatoriale di Ceausescu. Eppure la Steaua riesce a controllare la partita, la difesa guidata da Belodedici non va mai in affanno mentre a centrocampo Schuster rimane ingabbiato nella ragnatela tattica intessuta dallo stratega Jenei; venuta meno l’imprevedibilità del centrocampista tedesco vice Pallone d’Oro nel 1980, il Barcellona non riesce a sbloccare un match che si trascina stancamente fino al 90′ e si conclude sullo 0-0, come al Pinto di Caserta. Anche i supplementari si dimostrano noiosi e privi di emozioni, con i calciatori rumeni che puntano esplicitamente ai calci di rigore. E qui entra in scena lui, Eroul de Sevilla, l’eroe di Siviglia, il portiere della Steaua Helmuth Duckadam.
Duckadam è uno dei calciatori più rappresentativi della Steaua; è arrivato a Bucarest nel 1982, laureandosi per la prima volta campione di Romania nel 1985 e guadagnandosi quindi il pass per la successiva Coppa dei Campioni.
Nella notte andalusa il primo a presentarsi sul dischetto è il rumeno Majearu, ma il portiere del Barca Urruti intercetta il debole tiro del centrocampista avversario facendo esplodere il Pizjuan; per gli azulgrana comincia la serie il capitano Alexanko ma Duckadam vola alla sua destra e neutralizza il rigore: si resta sullo 0-0. Tocca quindi a Boloni, ma ancora una volta Urruti respinge; gli risponde Duckadam che devia il tiro di Pedraza: incredibilmente nessuno dei primi 4 rigori viene realizzato! Marius Lacatus inaugura le segnature e porta avanti la Steaua, mentre Duckadam blocca anche il terzo penalty spagnolo calciato da Pichi Alonso. Gavril Balint realizza e, con la Steaua sul 2-0, il Barcellona non può più sbagliare; quando dagli 11 metri Marcos si prepara a calciare il quarto rigore nessuno può aspettarsi quello che invece accadrà: Duckadam para anche questo e consegna la Coppa dei Campioni per la prima volta a una squadra dell’est Europa.
Ma perché nessuno ha più sentito parlare del più famoso para-rigori rumeno? Perché per una beffa del destino quella di Siviglia è stata la sua ultima partita ad alto livello. Nell’estate successiva, mentre si trovava in vacanza nel suo villaggio natale, un aneurisma – causato da un’anomalia della parete di un’arteria – al braccio sinistro lo costringe a 2 mesi di ospedale e rischia di costargli l’amputazione dell’arto; per fortuna ciò non avviene, ma Duckadam non potrà mai più giocare a calcio. Negli anni successivi, anche a causa della scarsità di notizie provenienti dalla Romania, si diffonde la voce che a interrompere la sua carriera sarebbe stato Valentin Ceausescu, figlio del dittatore rumeno, che gli avrebbe fatto spezzare le mani per non avergli voluto consegnare un auto di lusso, avuta in regalo da un facoltoso tifoso del Real Madrid come premio per aver sconfitto gli odiati rivali del Barcellona; si tratta però solo di una leggenda, più volte smentita dallo stesso portiere.
Oggi Helmuth Duckadam vive ancora in Romania ed è diventato presidente della squadra di calcio che lui stesso ha contribuito a portare sul tetto d’Europa. 14 anni dopo Siviglia, ad Amsterdam, un portiere italiano ha avvicinato l’impresa del collega rumeno parando, in una semifinale degli Europei, ben 3 calci di rigore. Ma questa è un’altra storia…