Premessa: in questo primo post non posso non cominciare con un ringraziamento a Domenico, che ha deciso di affidarmi uno spazio per dire la mia, per scrivere quello che mi RONZa in mente (titolo geniale, caro Direttore!). Il mio essere redattore e speaker di Radio Sportiva mi mette nelle condizioni di occuparmi di quasi tutto lo scibile sportivo ed è ciò di cui tratterò in questo blog. Ovviamente a Foggia, al Foggia e allo sport foggiano uno sguardo privilegiato lo concederò sempre: il luogo natio non si dimentica!
Che valore ha un argento mondiale? Beh, anche solo se pensate a quanta gente rimanga dietro ha un valore enorme. Ma noi italiani siamo abituati a considerare il secondo come il primo dei perdenti: è un enorme limite che semplifica analisi che spesso e volentieri richiederebbero approfondimenti maggiori. Prendiamo Federica Pellegrini, oggi argento iridato nei “suoi” 200 stile libero e autenticamente ritrovatasi quando meno ce l’aspettavamo: in questo caso possiamo parlare a pieno titolo della medaglia più preziosa conquistata dalla veneta. Più dell’oro olimpico di Pechino ’08? Si. Più dell’oro con record del mondo di Roma ’09? Sì. Federica non doveva neanche esserci in questa gara: l’anno (più o meno) sabbatico che si era presa l’aveva portata a provare il dorso ed a mollare la sua specialità. Invece in gara c’è stata, eccome: persino con il rammarico di aver iniziato la rimonta alla Franklin con 4/5 bracciate di ritardo. Che le abbia fatto benissimo allentare la pressione è evidente: ha nuotato con una leggerezza che forse aveva solo ad Atene quando a 16 anni si rivelò al mondo. Doveva in qualche modo riscattarsi e l’ha fatto, con forza, grinta e talento. Ovviamente molta della pressione mediatica che l’ha condizionata dipende da quanto interesse la stessa Pellegrini abbia mosso fuori dalle vasche, ma questo è un altro e complesso discorso.
Quello che mi preme evidenziare è come questo argento sia da un lato la dimostrazione di quanto la “testa” sia l’aspetto fondamentale per primeggiare nello sport, come testimonia anche il Fabio Fognini di questi tempi che non ha imparato adesso a giocare ma piuttosto ha imparato a incanalare i propri pensieri sul campo e sulla partita; dall’altro, un secondo (o anche un terzo, un quarto, un quinto…) posto non è automaticamente da buttare o da consacrare ma va contestualizzato e analizzato. Tanto per capirci: il quinto posto del Foggia dell’anno scorso è stato un risultato ottimo, solo considerando una squadra costruita in tempi strettissimi e senza alcun vissuto comune. Ci avreste messo la mano sul fuoco nella scorsa estate su un Foggia da playoff? Io no di certo!
Dario Ronzulli